ROMA - Abbattono le differenze le parole di Andrea Riccardi sull'adozione internazionale. Parlando dei bimbi adottati semplicemente come di «nostri figli», Riccardi spalanca una nuova prospettiva di adozione e svela l'occhio con cui l'esecutivo osserva l'emergenza abbandono. Adottare è «aprirsi alla mondialità»: è quanto rilasciato dal ministro montiano, delegato alla Commissione Adozioni Internazionali, al quotidiano nazionale La Repubblica, nel corso della video-intervista svolta da Stefano Bernardi - direttore dell'Associazione EnzoB Onlus - dal titolo "Adozioni internazionali, Riccardi: «L'Italia riparte dai figli». Il neo-presidente della CAI dichiara il proprio credo nella famiglia, senza distinzioni ed eccezioni".
«Credo che l'adozione internazionale vada intesa anche in una visione di integrazione e cooperazione internazionale. Non voglio dire che l'adozione sia solo un fatto di cooperazione: penso però che con l'adozione la famiglia italiana, in modo veramente intimo, si apra a una dimensione di mondialità», dichiara Riccardi. Che non ha remora di replicare a più calde esternazioni, quelle del suo predecessore Carlo Giovanardi, senatore Pdl, a proposito di «nemici dell'adozione».
«Paradossalmente, uno dei peggiori nemici dell'adozione internazionale è un'organizzazione come l'UNICEF», è stata la dichiarazione-shock di Giovanardi, cui il suo successore va a replicare con le seguenti parole: «L'UNICEF ha fatto un lavoro veramente meritorio per i bambini - è il pensiero di Riccardi -. Ritengo però che l'adozione metta in luce la persona del bambino, il rapporto tra il bambino e i genitori e la complessiva famiglia: pensiamo al discorso dei nonni. Io credo che l'Italia debba ripartire dai bambini. Non parlerei di bambini e bambine adottati: non farei differenze, parlerei dei nostri figli».