Roma, 7 dicembre 2011 - Questa settimana, Ministri e Capi di stato di tutto il mondo si riuniscono a Ginevra per celebrare i 60 anni della Convenzione sui rifugiati. Un anniversario che gli oltre 15 milioni di rifugiati, in ogni parte del mondo, non hanno tuttavia alcuna ragione di festeggiare. Ad oggi, numerosi Paesi chiudono le loro frontiere e riducono gli aiuti ai rifugiati e ai richiedenti asilo.

Ci si poteva aspettare che Ministri e Capi di stato rispettassero il loro indefettibile impegno a favore della Convenzione, ma così non è stato. Troppo spesso, i governi aggirano le loro responsabilità riguardo ai rifugiati o semplicemente le ignorano. Questo atteggiamento comporta gravi conseguenze mediche e umanitarie per le persone che avevano promesso di proteggere.

L'idea di asilo è al centro della Convenzione sui rifugiati. Le politiche dei governi, sempre più restrittive - anche se non apertamente in contrasto con il diritto internazionale e con le legislazioni nazionali o regionali - violano tuttavia lo spirito della Convenzione e il senso stesso della parola "asilo". Voltando le spalle ai richiedenti asilo e ai rifugiati, gli Stati finiscono per svolgere un ruolo repressivo anziché protettivo.

In Sud Africa, Medici Senza Frontiere ha potuto constatare che alcuni migranti originari dello Zimbabwe senza passaporto si sono visti rifiutare l'ingresso nel principale posto di frontiera, trovandosi così nell'impossibilità di avanzare una richiesta d'asilo. Molti tentano allora di entrare illegalmente in Sud Africa esponendosi a molteplici pericoli: annegare nel fiume Limpopo, subire gli attacchi dei coccodrilli o rimanere vittime di imboscate da parte di violenti gruppi criminali che rastrellano le zone di frontiera. Nei primi sei mesi dell'anno, le nostre équipe hanno preso in carico 42 persone che erano state violentate da gruppi criminali mentre tentavano di attraversare la frontiera. Temiamo che le vittime siano ben più numerose, dato che una parte di loro non si avvicina alle strutture sanitarie.

L'Europa, che è stata oggetto della creazione di questa Convenzione, non tratta molto meglio i suoi richiedenti asilo. Quest'anno, le rivolte popolari in Africa settentrionale hanno spinto circa 57.000 persone in cerca d'asilo e migranti ad attraversare il Mediterraneo per raggiungere l'Italia e Malta. Non meno di 2.000 persone sarebbero decedute in mare. I sopravvissuti alla traversata sono stati trattenuti in centri d'accoglienza, spesso in condizioni di vita pessime. Nel marzo di quest'anno, 3.000 nuovi arrivati non hanno avuto altra scelta che dormire per molte notti sulla banchina del porto di Lampedusa e hanno dovuto sopravvivere ciascuno con 1,5 litri d'acqua al giorno, condividendo 16 bagni chimici.

Per frenare lo sbarco sulle proprie coste dei richiedenti asilo e dei rifugiati, il governo italiano si è premurato di firmare degli accordi bilaterali con il governo tunisino ad interim e con il Consiglio nazionale di transizione libico, e questo malgrado la guerra che proseguiva in Libia.Tali accordi consistevano nel rimpatriare in Nord Africa i richiedenti asilo che sbarcavano in Europa. L'Italia era direttamente impegnata, insieme ad altri Paesi europei, nel conflitto libico. Era perciò particolarmente responsabile nell'offrire ai rifugiati in fuga dalla guerra, delle condizioni decenti di accoglienza e l'accesso a una procedura d'asilo efficace ed equa.

Anche per coloro la cui richiesta d'asilo è stata accolta, lo status di rifugiato non basta a garantir loro la sopravvivenza. Esclusi e privi di qualsiasi assistenza, numerosi rifugiati sono costretti a migrare ancor più lontano, nella speranza di provvedere alla sussistenza propria e delle loro famiglie. Questo è tanto più vero in quanto oggi i Paesi in via di sviluppo accolgono gran parte dei rifugiati del mondo, cosa che non si verificava 60 anni fa.

Quasi mezzo milione di somali vivono - o piuttosto sopravvivono - a Dadaab, il più grande campo rifugiati del mondo. I primi ripari sono stati installati oltre vent'anni fa in questa zona del Kenya settentrionale che oggi è la quarta città del Paese. Alcune ricerche mediche, condotte da MSF nel 2011 tra i nuovi rifugiati, hanno rivelato un aumento dei tassi di malnutrizione tra i bambini al di sotto dei 5 anni. Si è riscontrato che lo stato di salute dei bambini sfuggiti alla fame e alla violenza in Somalia, sopravvissuti all'esodo verso il Kenya, era ulteriormente peggiorato dopo il loro arrivo al campo. Sembra che non vi sia alcuna terra d'accoglienza per i rifugiati somali.

Le attività mediche e umanitarie hanno un impatto tangibile sul benessere dei rifugiati, dei richiedenti asilo e di tutti quelli che fuggono dalla violenza o dalla crisi economica nel loroPaese d'origine. Ma quest'impatto è limitato. Le popolazioni sono oggi sempre più mobili e le motivazioni per attraversare la frontiera sono molteplici. I governi non possono continuare a opporre il controllo dei flussi migratori alla protezione dei rifugiati. Devono rispondere con urgenza alle più vaste domande di aiuto e di protezione nonché prevedere soluzioni a lungo termine.

La Convenzione del 1951 resta uno strumento ineludibile per offrire assistenza e protezione ai rifugiati. Ci auguriamo che un giorno tutti i Paesi s'impegnino per venire loro in aiuto implementando delle politiche conformi allo spirito della Convenzione. Solo allora i Ministri, i capi di stato e i rifugiati del mondo avranno realmente qualche cosa da celebrare.

Kostas Moschochoritis,Direttore Generale Medici Senza Frontiere Italia

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