«In questa Europa che invecchia e che è chiamata a riaggiornare i suoi sistemi di protezione sociale, le nuove generazioni sono poco valorizzate e ancor meno tutelate. In Italia più che altrove». Nel giorno in cui si celebra in tutto il mondo la
giornata internazionale per il lavoro dignitoso (decent work), le Acli aprono a
Londra il loro
seminario internazionale parlando di giovani e donne nel mercato del lavoro europeo, con il sostegno del Centro europeo per i problemi dei lavoratori (
Eza).
La disoccupazione giovanile ha raggiunto in Europa il 21% tra gli under 25. Il 14,4% dei cittadini dell'Unione europea ha abbandonato la scuola prima di aver conseguito un titolo di istruzione secondaria superiore senza seguire ulteriori percorsi d'istruzione o formazione. In Italia, la percentuale dei giovani neet - fuori dal circuito formativo e lavorativo - sale al 21%, un giovane su cinque. Mentre le donne registrano un tasso di disoccupazione giovanile (28,7%) superiore di 5,4 punti percentuali rispetto ai coetanei della stessa età. Sono i dati
Eurostat (e
Istat), citati nel documento "Europa 2020" della Commissione europea, richiamati nel corso del seminario delle Acli.
«La crisi sociale ed economica - scrivono le Acli nel
documento introduttivo - ha interrotto decenni di progressiva crescita del benessere nelle diverse generazioni, in alcuni paesi bloccando la mobilità sociale e i percorsi di costruzione familiare e identità sociale. Oltre che con un minor investimento sulla loro formazione e minori opportunità occupazionali, giovani e donne si trovano con un sistema di welfare assai poco attento nei loro confronti».
«Rischia sempre più di affermarsi - denunciano da Londra le Acli - una visione di welfare residuale, risarcitorio, compassionevole, ben lontano da quel modello sociale europeo inclusivo, che se va certo ripensato non deve essere tuttavia smantellato nei suoi assi portanti. Continuiamo a ribadire che
senza tutela dei diritti e diffusione delle responsabilità
non ci sarà sviluppo bensì l'acuirsi di tensioni e conflitti sociali che già ora stanno ponendo pesanti ipoteche su un progetto di maggiore unità e coesione per questa Europa».
Non è una caso che si torni a parlare di lavoro dignitoso anche all'interno dell'Europa, «dove il lavoro sempre meno garantisce accesso alla cittadinanza e sempre meno costituisce strumento di emancipazione. L'obiettivo della buona occupazione che la società della conoscenza avrebbe dovuto garantire appare sempre più lontano, soprattutto per i giovani e le donne».
Non è solo un problema economico o sociale: «L'individualizzazione e la precarizzazione del lavoro risultano vere e proprie minacce al "senso" del lavoro, come costruzione personale e sociale, etica e culturale».
«
Occorre un nuovo modello di sviluppo», ribadiscono le Acli nel documento. «Di fronte ai limiti del mercatismo liberista come a quelli dell'economia sociale di mercato, noi proponiamo
l'economia civile, dove mercato, Stato e società civile interagiscono virtuosamente e co-progettano strategie di sviluppo integrato. Solo così si potranno valorizzare i diritti dei lavoratori, la produttività ma anche la logica del dono, collocata come vuole la "
Caritas in Veritate", alle origini del mercato stesso e non a valle come elemento compensativo, conciliando l'uguaglianza fondamento di uno Stato democratico, la libertà regola del mercato e la fraternità valore aggiunto della società civile».