«Una certificazione europea di qualità dei prodotti connessa alla filiera di produzione». Potrebbe essere la strada per contrastare in maniera radicale il fenomeno del lavoro nero secondo le Acli, riunite in questi giorni a Londra per un seminario internazionale dedicato al tema del lavoro e dei diritti.

«L'Europa - spiega il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero - è stata finora determinata ed efficace nel garantire la certificazione dei prodotti europei sotto il profilo igienico-sanitario. Ora deve esserlo altrettanto nella certificazione sociale dei prodotti. Dobbiamo arrivare a garantire che sia trasparente e ?sana' anche la filiera di produzione dei beni commercializzati, pena l'esclusione dal mercato. E per evitare l'effetto dumping nei confronti dei nostri prodotti certificati, dovremo imporre dazi a quei Paesi extra-europei che non garantissero gli stessi standard. Io credo che sia l'unica strada che possa garantire un futuro di tutela dei diritti sociali e dei lavoratori».  

Nel giorno in cui si celebrano i funerali delle vittime del crollo della palazzina di Barletta, il presidente delle Acli Andrea Olivero respinge l'alibi della cisi per giustificare la presenza diffusa del lavoro nero. «La crisi economica non può mai essere una giustificazione per tollerare il lavoro nero, in Italia come in Europa. Perché se accettiamo che la crisi riduca le garanzie sociali fondamentali del nostro continente, noi perdiamo contestualmente anche il nostro maggiore fattore competitivo, quel contesto di regole e civiltà che sono alle spalle dei nostri migliori prodotti. Il lavoro nero non è il prodotto della crisi, ma molto spesso ne è la causa, in termini di mancato sviluppo e cattiva occupazione».

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