Ma il traguardo dello 0,33% del Pil per il 2006 è lontano, spiega il direttore generale della Cooperazione allo sviluppo Giuseppe Deodato.
INTERVISTA
di Piero Fornara
Gli aiuti ai Paesi poveri, in tanti anni di esperienze, non hanno dato i frutti sperati. Dalla nascita dell'Unctad (nel 1964) a oggi le iniziative internazionali sull'Africa sono state una ventina, ma se l'Asia è passata da una fase di grande arretratezza a una di marcato sviluppo, ormai fondato su risorse proprie, il Continente nero è rimasto pressoché fermo e ben difficilmente riuscirà a raggiungere o almeno ad avvicinarsi al primo degli «Obiettivi del Millennio» delle Nazioni Unite: eliminare la fame entro il 2015. La marginalizzazione dell'Africa è evidente anche guardando alle cifre dell'interscambio: nel 1960, l'anno delle indipendenze, l'Africa a sud del Sahara "pesava" per il 9% del commercio mondiale, vent'anni fa era scesa al 3,6%, attualmente è all'1,4 per cento.
Come ha rilevato l'economista Jeffrey Sachs - che guida una task force dell'Onu nell'ambito del Millennium Project - i 22 Paesi donatori che formano il comitato Dac dell'Ocse (a parte l'Europa scandinava) non hanno mai rispettato il famoso impegno di destinare allo sviluppo lo 0,7% del Pil e sono fermi a una media dello 0,25 per cento: «È come se noi mandissimo un solo pompiere a spegnere l'incendio di una foresta - chiosa Sachs - e poi rifiutassimo d'inviare qualcun altro in suo aiuto, perché lui ha fallito nel suo intento».
Per sensibilizzare l'opinione pubblica italiana sul ruolo e le sorti della cooperazione allo sviluppo, sia come risposta alla povertà nel mondo, ma anche al terrorismo, il ministero degli Esteri ha lanciato una campagna di informazione con oltre 70 eventi organizzati in tutta Italia a partire dal 4 novembre e fino alle giornate conclusive del 6 e 7 dicembre a Roma. Sul rovescio della medaglia ci sono però i tagli di bilancio in discussione proprio in questi giorni, che per esempio mettono a rischio la permanenza dell'Italia nel Fondo Onu per la lotta contro l'Aids e le malattie endemiche. «Il Sole 24 Ore online» ne ha parlato con il direttore generale della Cooperazione allo sviluppo, ministro plenipotenziario Giuseppe Deodato, in occasione del convegno sugli «Obiettivi Onu del Millennio» organizzato dal Comune di Bologna e dall'Unido (l'Agenzia delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale).
I buoni propositi dell'Italia, che nel 2002 si era impegnata, prima in sede europea a Barcellona e poi alla conferenza di Monterrey in Messico, a portare gli aiuti allo 0,33% entro il 2006 rischiano di rimanere sulla carta. Gli ultimi dati Ocse ci vedono ancora all'ultimo posto fra i Paesi Ue... L'Italia ha impegni in 115 Paesi e nel 2003 figura come settimo Paese donatore nel mondo, con 2 miliardi e 393 milioni di euro. Negli ultimi anni sono state realizzate 1.700 iniziative di cooperazione, per il il 40% nell'Africa subsahariana. Di questi 2,153 miliardi di euro, circa un terzo è erogato dal ministero degli Esteri, un altro terzo da quello dell'Economia, importi minori sono stanziati da altri dicasteri e enti locali, mentre l'ultimo terzo viene erogato attraverso l'Unione europea. Se guardiamo ai valori percentuali dell'aiuto pubblico allo sviluppo, sempre per l'anno 2003 (che è ultimo preso in esame dall'Ocse) siamo in effetti fermi allo 0,17% del Pil e - a legislazione vigente - saliremmo di poco ( 0,19%) nel 2005, per ridiscendere allo 0,16% nel 2006. Non possiamo che augurarci di invertire questa tendenza a tagliare i fondi degli aiuti allo sviluppo. Entrando nel dettaglio della quota erogata attraverso il ministero degli Esteri (un terzo del totale, come ho già detto), dei 660 milioni di euro stanziati dalla Finanziaria 2004, ne sono stati resi disponibili finora 560: a questa cifra si è arrivati dopo che la scorsa estate dal ministero del Tesoro era stata data una copertura di 410 milioni di euro, poi aumentata di altri 50 in settembre e ancora di 100 un paio di settimane fa (obbligandoci a un lavoro di "rincorsa" per rispettare la scadenza di spendere del 29 novembre). Le difficoltà di bilancio si riflettono anche sul «Global Fund» contro Aids, tubercolosi e malaria, la cui istituzione fu annunciata nel 2001 al G8 di Genova: non abbiamo potuto pagare i 100 milioni di euro promessi per il 2004 e a tutt'oggi non disponiamo dei 100 milioni da erogare nel 2005.
Quali sono i Paesi dove l'Italia è maggiormente impegnata? Se l'Africa riceve il 40% del nostro aiuto pubblico allo sviluppo (Aps), a livello bilaterale l'impegno è anche più consistente, arrivando al 70%, e lo sarà anche in futuro. Il presidente del Consiglio ha nominato un suo rappresentante personale per l'Africa, l'onorevole Alberto Michelini, e abbiamo un sottosegretario, il senatore Alfredo Mantica, con una delega specifica per l'Africa e il Medio Oriente. Guardiamo per le note ragioni storiche al Corno d'Africa e ci interessa molto il ritorno all'esistenza internazionale della Somalia. È ovviamente motivo di soddifazione l'insediamento del nuovo Governo transitorio somalo, avvenuto il 1° dicembre a Nairobi alla presenza del sottosegretario Mantica, che ha il compito di garantire il ritorno della pace e della sicurezza sull'insieme del territorio e di avviare la ricostruzione del Paese dopo 14 anni di guerra civile. Grande attenzione stiamo riservando anche alla situazione in Sudan, dove abbiamo inviato una missione capeggiata da Barbara Contini (già governatrice della provincia irachena di Nassiriya), che sta costituendo una cellula di emergenza nella martoriata regione del Darfur, teatro della peggiore emergenza umanitaria degli ultimi anni.
Ancora pochi giorni fa le organizzazioni non-governative (Ong) italiane hanno ribadito i loro timori di dover subire il maggior taglio dei fondi... La cooperazione italiana, accanto a quella multilaterale con i contributi alle istituzioni internazionali e a quella bilaterale per il tramite delle imprese, ha anche una terza "anima", umanitaria e solidale, che interviene attraverso le organizzazioni non governative. Noi consideriamo le Ong una importante risorsa e un patrimonio del nostro Paese; 150 di esse sono riconosciute come idonee dal ministero degli Esteri, avendo dimostrato di avere determinate caratteristiche di operatività. Abbiamo anche da poco varato un decreto ministeriale per la semplificazione dei rendiconti delle Ong, che rappresenta una sanatoria di un forte arretrato e permette di agire in maniera diversa per il futuro e proprio alle Ong abbiamo destinato buona parte dei 150 milioni di euro "recuperati" sulla Finanziaria 2004.
Il Sole 24 Ore, 3 dicembre 2004