LUCCA. È cresciuto di un terzo rispetto al 2009 il numerodelle persone che nel 2010 si sono rivolte ai Centri d'Ascolto dellaCaritas diocesana per chiedere aiuto: lavoro, casa, ma anche generidi prima necessità come alimenti e vestiario. Se nel 2009 eranostati 883, con un aumento rispetto all'anno precedente del 39%, nel2010 le persone accolte sono state ben 1294. Un incremento che sispiega solo in parte con un sistema di rilevazione più efficace, mache è soprattutto frutto di maggiori bisogni da parte delterritorio. La Caritas ha presentato stamani (sabato 17 settembre) intutta la Toscana i dati regionali e quelli relativi alla diocesi diLucca sono stati illustrati presso la Curia Arcivescovile di Luccadall'Arcivescovo Mons. Italo Castellani, dalla direttricedella Caritas Donatella Turri, dal direttore della FondazioneVolontariato e Partecipazione, la quale cura l'elaborazione del rapporto,Riccardo Guidi e dalla ricercatrice Elisa Matutini.
"Nell'esprimere l'apprezzamento -ha esordito l'ArcivescovoMons. Italo Castellani- per un lavoro di ricerca accurato checi consente di avere uno sguardo informato sul territorio, rinnovo lamia preoccupazione per una situazione fragile che coinvolge ilterritorio della lucchesia e la espone a situazioni di dolore e didrammatica marginalità. Molte ne conosco, molte ne incontro e semprepiù credo che il dovere della denuncia e della risposta concreta eefficace ci riguardi tutti in prima persona: istituzioni, cittadini eChiesa".
La direttrice della Caritas diocesana Donatella Turri hasottolineato come "povertà estrema, lavoro, casa e convivenzapacifica restano le emergenze che nel nostro territorio minano lebasi di una comunità inclusiva e corresponsabile". "Quanto neidati del 2009 si intravedeva -ha proseguito Turri-, si conferma e siapprofondisce nello scenario rilevato nel corso del 2010. Si trattadi uno scenario allarmante, che si salda in modo irresponsabile conil drastico taglio sulle spese sociali e il conseguente approfondirsidella solitudine e la mancanza di risposte concrete e operative afavore dei più fragili. Tutto questo interroga noi e deveinterpellare le istituzioni a cercare insieme risposte nuove eimmediate che evitino il collasso sociale".
"Il quadro restituito dai dati raccolti nei Centri d'AscoltoCaritas nel 2010 -ha detto il direttore della Fondazione Volontariatoe Partecipazione Riccardo Guidi- sono, in piccolo, il segno diun'Italia che sta cambiando sotto i colpi della crisi economica edell'incapacità della politica di rispondervi. Accanto all'aumentodelle condizioni di povertà crescono d'altra parte le ricchezzedei pochi. Ciò pone un serio problema di coesione sociale a cui leistituzioni nazionali e locali sono chiamate ad agire".
In totale in Toscana sono presenti 120 Centri d'Ascolto, riunitinella rete Mirod, che hanno censito nel 2010 circa 25.000 richieste,circa il 2,8% in più rispetto al 2009. Per quanto riguarda ladiocesi di Lucca i nuovi arrivi, vale a dire il numero di coloro cheper la prima volta si sono presentati agli sportelli, superando anchele difficoltà che una scelta del genere spesso impone, sono stati666: più della metà del totale. Rispetto al 2009 si è rafforzatala tendenza, già presente, di un aumento progressivo di coloro cherimangono per periodi molto lunghi nella condizione di povertàoppure che, dopo un lasso di tempo di assenza dai Centri di Ascolto,si vedono costrette a ritornare in cerca di aiuto. A queste vannoaggiunte almeno un altro centinaio di persone che si sono affacciatein cerca di informazioni agli stessi sportelli.
I Centri di Ascolto che hanno partecipato alla rilevazione sonostati 16 sui 18 esistenti nel territorio diocesano. Il maggior numerodi richieste è stato raccolto presso quello diocesano nel centro diLucca (19,01%), seguito dal Gvai (18,08%) e dagli sportelli attivinel territorio di Segromigno, Ponte a Moriano, Torre del Lago Puccinie nel quartiere Arancio di Lucca.
Chi si rivolge ai Centri d'Ascolto
La maggioranza di coloro che si presentano è donna,il 62%, anche se la presenza maschile è in crescita e questodimostra un aumento dell'irruenza dei fenomeni di fragilizzazione checolpiscono anche sempre di più gli uomini. Giovane donna con figli euomo adulto in età lavorativa è comunque il profilo di chi piùspesso chiede aiuto ai Centri Caritas. Circa la metà del totale haun'età compresa fra i 25 e i 44 anni, periodo della vitamaggiormente significativo per lo sviluppo dei legami affettivi dellapersona e per la costruzione della stabilità materiale. Un malesserecosì diffuso in questa fascia di età è indicativo della permanenzadi forti difficoltà soprattutto da parte delle giovani famiglie, chespesso contengono al loro interno figli piccoli: in questi casi ladisoccupazione è il problema principale. Ma è in crescita anche lapopolazione con più di 45 anni e addirittura di 55 anni: quasi il 4%in più rispetto al 2009 (quasi l'8% in confronto al 2008). L'attualecongiuntura economica colpisce duramente le famiglie: il 62,53% degliuomini e il 46,70% delle donne che ha chiesto aiuto ai Centri nel2010 è coniugato e la forte presenza dei maschi dimostra lecrescenti difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro.
Molti gli italiani agli sportelli
La presenza italiana è incrementata lo scorso annoe sembra confermarsi a livelli simili nel 2010, seppur registrandouna lieve flessione. Nel 2009 gli italiani che si erano presentati aiCentri erano aumentati del 22,25% rispetto al 2008. Nel 2010 sono il36,5%: chiedono buoni per l'acquisto di alimenti, vestiario e aiutoper avere accesso a cure mediche. I 473 italiani che si sono rivoltiagli sportelli dimostrano che stanno progressivamente abbandonando ladifficoltà, data dal senso di vergogna, a chiedere aiuto viste lecondizioni sempre più difficili. Quella italiana è la primanazionalità per numero di accessi. Il 23,4% è di originenordafricana, mentre oltre il 27% è da ricondurre a nazionalità delcontinente europeo, prima di tutto rumeni, ma in crescita sono anchecoloro che provengono dall'Ucraina e dalla Polonia. In generale lamappatura delle persone straniere che si rivolgono ai Centri sembrarispettare una certa proporzionalità con le dimensioni dell'impattomigratorio presente sul territorio.
Casa e lavoro i maggiori problemi
La ricerca di un'abitazione idonea alle proprieesigenze è una delle problematiche più grandi vissute sulterritorio e il dato sulla condizione abitativa di chi chiede aiutoai centri lo dimostra. A soffrire di più sono, ancora una volta, lepersone che si trovano costrette a pagare un affitto (il 48%), maallo stesso tempo rimane molto elevato il numero di persone che hannorinunciato ad avere una abitazione propria e che vivono in unasituazione più o meno temporanea presso amici e parenti (16,69%). Il10% vive addirittura una vera e propria precarietà abitativa o èsenza alloggio.
Se l'abitazione continua a costituire un'emergenzaimportante, la condizione lavorativa si rivela, come già negli annipassati, uno dei nodi nevralgici dei meccanismi di impoverimentodelle persone ascoltate: il 53,70% degli italiani e il 78,93% deglistranieri risultano infatti disoccupati e cercare un lavoro èun'operazione molto complessa in particolare per le donne.
Le richieste d'aiuto
Ed è proprio il lavoro il problema più sentito dachi si rivolge ai Centri, ma rimane alto anche il numero dellepersone occupate che si rivolgono ai Centri (20,93% degli italiani e16,69% degli stranieri). Il 33,43% si trova in una condizione diforte disagio al punto da essere sprovvisto di beni di sussistenzacome viveri e vestiario. A questi devono essere aggiunti coloro cherichiedono sussidi economici per pagare bollette o comprare prodottiper l'infanzia. Molto alta la richiesta di un lavoro (37,09%) siada parte di uomini sia da parte di donne, queste ultime piùinteressate a richieste di lavoro a tempo parziale, una richiestalegata alle forti difficoltà incontrate nell'armonizzazione deitempi di cura all'interno della famiglia con quelli di lavoro al difuori di essa. Questa situazione -secondo l'analisi dei ricercatoriche curano il rapporto della Caritas-, rinvia ad una pluralità difattori tra i quali una scarsa rete di aiuto informale che non trovaadeguata compensazione in idonei servizi di sostegno offerti dalsistema istituzionale.