Amnesty International ha dichiarato ieri che i paesi confinanti con la Libia dovranno arrestare il colonnello Gheddafi e gli altri imputati ricercati dalla Corte penale internazionale (Icc), nel caso in cui attraverseranno i confini.
Ex funzionari libici avrebbero già raggiunto il Niger, mentre le autorità del Burkina Faso hanno negato di aver offerto un riparo a Gheddafi.
"Nessun paese dovrebbe fornire un riparo sicuro al colonnello Gheddafi e alle altre persone sospettate di aver commesso crimini di diritto internazionale" - ha dichiarato Claudio Cordone, Senior director di Amnesty International. "Nel caso in cui non si trovino più in Libia, le autorità locali devono arrestarli e trasferirli all'Icc per il processo".
Il 6 settembre un convoglio militare di lealisti pro-Gheddafi è stato visto in Niger. Le autorità nigerine hanno confermato la presenza del convoglio nella capitale Niamey rendendo noto che ne facevano parte ex funzionari del governo di Gheddafi, tra cui il capo della sicurezza Mansour Daw. Non è chiaro se del convoglio facessero parte anche Mu'ammar Gheddafi e suo figlio Saif al-Islam.
Mu'ammar e Saif al-Islam Gheddafi, insieme all'ex capo dei servizi segreti Abdullah al-Sanussi, sono latitanti da quando, alla fine di giugno, l'Icc ha emesso un mandato di cattura nei loro confronti. I tre imputati sono accusati di crimini contro l'umanità (specificamente, persecuzione e omicidio) commessi in Libia a partire dal 15 febbraio 2011.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto a tutti gli stati, inclusa la nuova dirigenza libica, di fornire piena cooperazione alle indagini dell'Icc.
Il colonnello Gheddafi e gli altri ricercati devono essere arrestati e trasferiti all'Icc, a prescindere da dove si trovino.
Le nuove autorità libiche possono chiedere lo svolgimento di un processo nazionale prima di quello dell'Icc così come possono chiedere all'Icc di condurre il suo procedimento in Libia.
Perché ciò possa accadere, secondo Amnesty International, il nuovo governo libico dovrà dimostrare di essere davvero in grado di svolgere indagini e processi in modo efficace e di saper garantire la sicurezza dei testimoni e di altre persone coinvolte nei procedimenti giudiziari.
A prescindere da dove Gheddafi e gli altri imputati affrontino un processo, le sue procedure dovranno rispettare gli standard internazionali sui processi equi e garantire giustizia e riparazione alle vittime.
Negli ultimi quattro decenni, il corretto funzionamento del sistema giudiziario libico è stato compromesso a tal punto da rendere impossibile, oggi, lo svolgimento di un processo equo e l'esclusione della pena di morte nei confronti di Gheddafi.
Tra le priorità urgenti per le nuove autorità libiche, Amnesty International include un ampio sforzo per ricostruire il sistema giudiziario nazionale in modo rispettoso del diritto internazionale e col coinvolgimento della società civile del paese.
Nel corso di incontri avuti nei giorni scorsi con la delegazione di Amnesty International, rappresentanti del ministero della Giustizia e dei diritti umani si sono impegnati a riformare il settore giudiziario, abolendo i tribunali speciali e assicurando l'indipendenza della magistratura. Tuttavia, secondo l'organizzazione per i diritti umani questi sforzi richiederanno tempo e ritarderanno la giustizia e le riparazioni dovute alle molte vittime dell'era Gheddafi.
Recentemente, la delegazione di Amnesty International presente in Libia ha scoperto prove di crimini di diritto internazionale commesse dalle forze di Gheddafi, tra cui sparizioni forzate, torture e uccisioni di massa in basi militari di Tripoli e di altri centri del paese, nonché attacchi indiscriminati contro gli insediamenti abitati nelle città di Misurata e al-Zawiya, a ovest, e nella città di Ajdabia, nell'est del paese.
Amnesty International sottolinea che qualunque altro pubblico ufficiale fuggito dalla Libia e sospettato di crimini di diritto internazionale dovrà essere arrestato e, se vi saranno prove sufficienti, sottoposto a processo.
"Tutti gli stati africani dovrebbero ribadire il loro impegno a porre fine all'impunità per i più gravi crimini di diritto internazionale. Questo impegno comprende l'arresto e il trasferimento delle persone sospettate di tali reati" - ha concluso Cordone.