Oggi nel mondo ci sono milioni di persone che nessuno Stato riconosce come propri cittadini. Sulla carta non esistono. Sono persone senza nazionalità. Sono apolidi. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha come parte integrante del suo mandato la prevenzione dell'apolidia. L'UNHCR oggi lancia una campagna per far luce su un tema molto poco conosciuto, il cui obiettivo sarà anche quello di ridurre il numero di apolidi nel mondo. Il lancio della campagna avviene a pochi giorni dal 50° Anniversario della Convenzione sulla Riduzione dell'Apolidia del 1961, il 30 Agosto 2011.

Sono diverse le cause dell'apolidia, molte delle quali si radicano in questioni legali, ma le conseguenze a livello umano possono essere drammatiche. Proprio perché gli apolidi sono persone che nessuno Stato riconosce come propri cittadini, spesso vengono loro negati i diritti fondamentali, oltre che l'accesso al lavoro, all'alloggio, all'educazione e all'assistenza sanitaria. A volte non possono possedere proprietà, aprire un conto bancario, sposarsi legalmente o registrare la nascita di un bambino. Alcuni vanno incontro a lunghi periodi di detenzione, perché non possono provare chi sono o da dove vengono.

"Queste persone hanno un disperato bisogno di aiuto perché vivono in un terribile limbo legale", afferma Antonio Guterres, l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. "Questa condizione li rende tra le persone più escluse al mondo. Oltre alla sofferenza che viene inferta loro, l'effetto di emarginare gruppi interi di persone attraverso le generazioni, crea grosse tensioni nelle società in cui vivono e a volte può essere fonte di conflitto."

L'UNHCR stima che attualmente nel mondo gli apolidi siano circa 12 milioni, ma determinarne il numero esatto è molto difficile. Rapporti incongruenti insieme alle diverse definizioni sull'apolidia, creano incertezza sulla vera portata del problema. Al fine di affrontare e superare questa problematicità, l'UNHCR sta svolgendo una campagna mirata ad accrescere la consapevolezza circa la definizione giuridica internazionale, migliorando al contempo i propri metodi di raccolta dati sulla popolazione apolide.  

Sebbene si cominci solo ora a cogliere la reale portata del fenomeno dell'apolidia nel mondo, l'UNHCR ha riscontrato che il problema è particolarmente acuto nel Sud Est Asiatico, nell'Asia Centrale, nell'Est Europa e nel Medio Oriente. Esistono diverse situazioni di apolidia nel mondo ed è un problema che attraversa tutti i confini e i percorsi della vita.  

Nuovi Stati

La successione degli Stati comporta il rischio che alcune persone possano essere escluse dalla cittadinanza, se tali questioni non vengono affrontate prima nel processo di frammentazione dello Stato. Il mondo ha accolto con favore la nascita del Sud Sudan nel Luglio scorso, ma rimane da vedere come saranno applicate le nuovi leggi sulla cittadinanza nel Nord e Sud del paese.

"La dissoluzione degli Stati, la formazione di nuovi, il trasferimento di territori e la ridefinizione dei confini, sono stati le cause maggiori di apolidia negli ultimi due decenni. Salvo nei casi in cui nuove leggi siano state accuratamente redatte, molte persone sono state lasciate fuori", riferisce Mark Manly, capo della Unità sull'Apolidia presso l'UNHCR. Negli anni ?90 la dissoluzione dell'Unione Sovietica, della Yugoslavia e della Cecoslovacchia ha lasciato dietro di se centinaia di migliaia di apolidi nell'Est Europa e nell'Asia Centrale, con gruppi etnici e sociali emarginati costretti a sostenere il peso maggiore. Mentre in queste regioni molti casi di apolidia sono stati risolti, decine di migliaia di persone rimangono apolidi o a rischio di apolidia.  

Donne e bambini a rischio

Una grave conseguenza dell'apolidia è che quest'ultima può auto-perpetuarsi. In molti casi quando i genitori sono apolidi, i loro figli diventeranno apolidi dal momento della nascita. Di conseguenza, l'esclusione e la precarietà derivanti dalla condizione di apolidia toccheranno un'altra generazione. Senza nazionalità, è estremamente difficile per i bambini ricevere un'educazione scolastica o altri servizi di base. La discriminazione nei confronti delle donne aggrava il problema. Queste ultime sono inoltre le più a rischio di apolidia. Uno studio dell'UNHCR rivela che esistono tuttora legislazioni sulla cittadinanza che discriminano le donne in almeno 30 paesi. Inoltre, in alcuni paesi, le donne e i loro figli rischiano di diventare apolidi se sposano cittadini stranieri. Alcuni Stati non consentono alla madre di poter trasmettere la propria cittadinanza ai figli.

Fortunatamente, c'è una tendenza crescente tra gli Stati ad agire in modo da porre rimedio alle disuguaglianze di genere nell'ambito delle leggi sulla cittadinanza. In Stati molto diversi come l'Egitto (2004), l'Indonesia (2006), il Bangladesh (2009), il Kenya (2010) e la Tunisia (2010) le legislazioni sono state modificato al fine di garantire alle donne gli stessi diritti di cui sono titolari gli uomini, di mantenere la propria cittadinanza e poterla trasmettere ai  propri figli. Modificare le leggi sulla cittadinanza che includono discriminazioni di genere è un obiettivo specifico dell'UNHCR nel contesto del 50° anniversario della Convenzione sull'apolidia.  

Discriminazione etnica

Un problema che accomuna molte situazioni di apolidia è la discriminazione etnica e razziale, che porta all'esclusione specie quando la volontà politica per risolvere il problema è evanescente. Tra i gruppi esclusi dalla cittadinanza al momento della nascita o indipendenza dello Stato vi sono i musulmani residenti (i Rohingya) nel nord dello Stato Rakhine nel Myanmar, le tribù delle colline della Tailandia, i Bidoon negli Stati del Golfo. Mentre molti Rom hanno la cittadinanza del paese in cui risiedono, migliaia in vari paesi dell'Europa continuano ad essere apolidi. Spesso questi gruppi sono così emarginati, che anche quando la legislazione viene modificata per concedere loro la cittadinanza, vanno incontro a grandi ostacoli per ottenerla.

Negli ultimi mesi la Croazia, le Filippine, il Turkmenistan e il Panama hanno preso l'importante decisione di aderire ad uno o ad entrambi i trattati internazionali sull'apolidia.

Tuttavia la questione dell'apolidia, non è considerata una priorità in molti paesi a causa delle sensibilità politiche relative a quest'ultima. Il numero di Stati che hanno ratificato le due Convenzioni sull'apolidia è indicativo dell'impegno a livello internazionale: al 25 di Agosto, solo 66 Stati hanno aderito alla Convenzione relativa allo status degli apolidi del 1954, che definisce chi è l'apolide e stabilisce gli standard minimi di trattamento per le persone apolidi. Sono invece solo 38 gli Stati parte della Convenzione del 1961 sulla Riduzione dell'Apolidia, che sancisce i principi e fornisce un quadro giuridico per aiutare gli Stati a prevenire l'apolidia. Al momento attuale fanno parte delle Nazioni Unite 193 paesi.

Dopo 50 anni, queste Convenzioni hanno attirato solo un numero esiguo di Stati, riferisce Guterres. E' vergognoso che milioni di persone stiano vivendo prive di cittadinanza, uno dei diritti umani fondamentali. L'ampiezza del problema e le terribili conseguenze che ricadono sugli interessati rimangono quasi del tutto inosservate. E' necessario cambiare lo stato delle cose. I Governi devono agire per ridurre il numero totale di apolidi.

Anche se ci sono degli esempi positivi relativi all'apolidia, è necessario fare ancora molto. L'UNHCR ha come obiettivo quello di portare la questione nel dibattito pubblico, incoraggiare gli Stati ad aderire alle due Convenzioni sull'apolidia, modificare le norme sulla cittadinanza e prendere misure ulteriori al fine di eliminare l'apolidia.

 

Materiale multimediale può essere scaricato presso il sito: http://www.unhcr.org/stateless/

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