Apprensione in Italia per la sorte dei quattro giornalisti sequestrati in Libia molto probabilmente da un gruppo di lealisti al colonnello Gheddafi. Si tratta di Domenico Quirico de La Stampa, Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina del Corriere della Sera e Claudio Monici di Avvenire. I quattro "stanno bene": la notizia è arrivata dallo stesso Monici al quale è stata data la possibilità di telefonare al quotidiano per cui lavora. E al quale ha riferito che sono stati rapiti da un gruppo armato mentre stavano andando in macchina da Zawiyah a Tripoli. I quattro sarebbero stati derubati e malmenati e il conducente dell'auto è stato ucciso.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, segue la vicenda minuto per minuto e il Ministero degli Esteri "sta cercando di ricostruire nel dettaglio le circostanze nelle quali si è verificato il sequestro e sta esplorando tutti i canali utili per la soluzione più rapida possibile della vicenda" - riporta una nota della Farnesina.
"Scriviamo queste poche note con l'animo schiacciato dall'ansia, ma con la speranza che tutto si concluda nel migliore dei modi" - scrive il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli. "I nostri colleghi sono armati solo degli strumenti della loro professione. E soprattutto sono mossi dalla passione di scoprire e raccontare la realtà dei fatti. Forse questo, più del loro passaporto occidentale, li espone a ogni sorta di pericolo. [?] La speranza in ore di grande apprensione è che i sequestratori possano leggere ciò che scriviamo sui giornali, guardare le immagini trasmesse in queste ore, scorrere le notizie sul web. E interrogare le loro coscienze, ritrovare quel senso di umanità che fa parte della storia delle loro genti. Siamo sicuri - conclude De Bortoli - che guarderebbero con occhi diversi Elisabetta, Giuseppe, Domenico e Claudio che di ostile non hanno nulla e di amichevole tutto".
Il Coordinatore nazionale della Tavola della pace, Flavio Lotti, ha scritto oggi ai direttori del Corriere della Sera, de La Stampa e dell'Avvenire per esprimere solidarietà e apprensione per i quattro giornalisti italiani sequestrati in Libia e il dolore per il loro povero autista che è stato ammazzato. "Ancora una volta, la guerra ha colpito alcuni dei pochi giornalisti che hanno ancora il coraggio di fare bene il proprio mestiere, di andare a vedere oltre i fumi della propaganda, la terribile realtà della guerra, di essere presenti là dove le cose peggiori accadono e si nascondono. Nell'appartamento dove si dice siano reclusi Claudio Monici, Domenico Quirico, Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina, ci siamo finiti anche noi con il nostro diritto di sapere, di conoscere e di capire. Colpendo loro, la guerra ha colpito anche noi. E non ritroveremo pace fino a che anche loro non la ritroveranno. Ci auguriamo dunque - conclude Loti - che siano al più presto liberati e che tutte le istituzioni agiscano con grande rapidità ed efficacia. Ci auguriamo che possano ritornare al più presto al loro lavoro e che la guerra non riesca a chiudere comunque i loro occhi, le loro orecchie e la loro bocca".
Amnesty International condanna il sequestro come "l'ennesimo crimine internazionale perpetuato a danno di persone che 'masticano' diritti umani e che li raccontano ogni giorno con grande professionalità". Amnesty International Italia chiede "la liberazione dei quattro giornalisti e ribadisce il suo fermo ?no' a usare i giornalisti come merce di scambio". "Si tratta dell'ennesima conferma che per Gheddafi non possa esserci nessuna impunità o immunità ma un processo per crimini contro l' umanità" - ha commentato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia. Noury, riferendo che i giornalisti sequestrati "sono amici e persone che seguono la politica estera e danno voce ai diritti umani", ritiene "inaccettabile che vengano presi come ostaggi o sequestrati da forze militari fedeli al colonnello". Per questo il portavoce di Amnesty International Italia si è appellato "a coloro che sono ancora legati a Gheddafi o a chi possa fare pressioni per la liberazione affinché si rendano conto che questo crepuscolo di regime non può andare avanti con crimini del genere".
Numerose associazioni denunciano l' escalation della violenza a Tripoli. "L'escalation di violenza di questi giorni e ore a Tripoli rappresenta un'enorme minaccia per i bambini che vivono nella città. Abbiamo appena saputo di bambini che sono stati uccisi e feriti nei combattimenti! - ha dichiarato Emma Mumford, esperta per l'aiuto umanitario in Libia di Save the Children. "E' essenziale che tutte le parti coinvolte nel conflitto facciano in modo che i bambini siano tenuti fuori dagli scontri e che le agenzie umanitarie, compresa Save the Children, abbiano la possibilità di entrare quanto prima in città" - ha aggiunto la Mumford.
Dall'inizio degli ultimi combattimenti a Tripoli le Nazioni Unite e le associazioni unitarie hanno ripetutamente chiesto di proteggere i civili libici e a salvaguardarli da attacchi. "E' cruciale porre subito fine al conflitto senza ulteriori perdite di vite e di vendette" - ha dichiarato il Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, nelle ore immediatamente successive all'ingresso degli insorti a Tripoli. "Invito le forze del colonnello Gheddafi a cessare immediatamente la violenza e dar spazio a una transizione pacifica" - ha aggiunto Ban Ki-moon. "Tutte le forze devono rispettare i diritti dei civili e assicurare che i combattimenti a Tripoli e altrove non portino a rappresaglie" - ha dichiarato Malcom Smart, direttore del Programma Medio Oriente di Amnesty International. Anche Human Rights Watch ha chiesto a tutte le parti in conflitto - le forze fedeli a Muammar Gheddafi, le forze del Consiglio Nazionale di Transizione e gli alleati della NATO - di "adottare tutte le misure possibili per evitare vittime civili e atti di vendetta".
Una situazione particolarmente allarmante è anche quella dei lavoratori immigrati in Libia. L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), António Guterres, ha lanciato un appello a tutte le parti coinvolte nel conflitto libico affinché venga garantita un'adeguata protezione alle migliaia di cittadini di paesi terzi intrappolati a Tripoli e nelle altre zone interessate a causa dei combattimenti in corso. "Migliaia di cittadini di paesi terzi presenti in Libia stanno vivendo momenti di grande paura ed incertezza" - ha affermato Guterres. "Nelle fasi precedenti di questa crisi abbiamo visto che queste persone, specialmente africani, possono essere particolarmente esposte agli effetti del conflitto o ad atti di vendetta. E' fondamentale che il diritto umanitario prevalga in questi momenti critici e che i cittadini stranieri - compresi i rifugiati e i lavoratori migranti - siano pienamente e adeguatamente protetti da situazioni di pericolo". Centinaia di migliaia di lavoratori migranti, così come le persone bisognose di protezione internazionale, sono fuggite dalla Libia verso i paesi confinanti nel corso della crisi libica. Tuttavia l'Unhcr ritiene che decine di migliaia siano rimaste a Tripoli e in altre aree. [GB]