Il WWF Italia si costituirà parte civile nel processo che sarà avviato contro gli allevamenti ovini "fantasma" e taroccati, scoperti nelle Marche dal Corpo Forestale dello Stato nell'ambito dell'Operazione "Vello d'Oro", attraverso i quali i 99 allevatori indagati avrebbero intascato soldi pubblici senza avere i requisiti necessari o, peggio, senza esercitare realmente l'attività di allevamento con l'utilizzo dei pascoli montani, condizione essenziale per accedere ai contributi pubblici e oggi strumento di conservazione della biodiversità. La decisione del WWF di costituirsi come parte civile nel processo intende quindi "ribadire la gravità del danno ambientale determinato dall'utilizzo illecito di risorse finanziarie destinate dall'Unione Europea alla conservazione della biodiversità dell'Appennino".
Il WWF inoltre chiede in una lettera alla Regione Marche di "escludere le aziende indagate, o che riceveranno la comunicazione di rinvio a giudizio, dagli accordi agroambientali per la biodiversità recentemente approvati (11 in tutto per complessivi 5 milioni di euro) che dovrebbero finanziare anche la gestione dei pascoli". L'associazione - prosegue il documento - chiede alla Regione di "assicurare nell'ambito dell'attuazione degli accordi agroambientali tutte le verifiche necessarie ad accertare il possesso da parte delle aziende dei requisiti per la corretta attuazione della misura per le indennità compensative legate alla gestione dei prati pascoli".
Per il WWF si tratta di misure necessarie visto che i 99 allevatori marchigiani indagati, se confermate le accuse, risulteranno colpevoli di un "duplice reato": non solo quello attualmente contestato di truffa aggravata ma anche un danno sostanziale al patrimonio di biodiversità dell'Appennino.
La possibilità di accedere ai fondi per i pascoli estensivi, prevista come misura della Politica Agricola Comune (PAC) dell'Unione Europea e attuata dalla Regione Marche attraverso il proprio Programma di Sviluppo Rurale, rappresenta infatti oggi non solo un aiuto economico alle imprese agricole che operano nelle aree svantaggiate d'Europa ma - ricorda il WWF Italia - è anche uno dei principali strumenti finanziari per l'attuazione della Strategia europea 2020 per la conservazione di una biodiversità sempre più compromessa dalla scomparsa delle attività agro-silvo-pastorali tradizionali.
Questo vale soprattutto per l'Italia, per gran parte delle aree montane nelle Alpi e nell'Appennino. A rischio sono in particolare le specie animali e vegetali legate ai prati pascoli secondari che si sono formati nel tempo proprio grazie alla presenza secolare dell'allevamento estensivo: orchidee, narcisi, violette, peonie, insieme ad aquile reali, coturnici, allodole e decine di specie di farfalle ed altri insetti testimoniano la ricchezza di biodiversità associata ai prati pascoli un tempo utilizzati dalla diffusa zootecnia di montagna, oggi in abbandono a causa dei ridotti margini economici dell'allevamento tradizionale estensivo messo fuori mercato dagli allevamenti intensivi praticati in stalla ma anche da un progressivo abbandono delle attività agricole tradizionali in aree montane per un mancato ricambio generazionale.
"Ci complimentiamo con il Corpo Forestale dello Stato per la brillante operazione condotta nella nostra regione, che auspichiamo possa contribuire per il futuro ad una maggiore trasparenza nella gestione dei finanziamenti che l'Unione Europea mette a disposizione degli agricoltori per esercitare il loro insostituibile ruolo di custodi della biodiversità" ha dichiarato Jacopo Angelini, Presidente WWF della Sezione Regionale delle Marche.
"Il WWF ha ribadito in questi mesi nel dibattito sulla riforma della PAC il principio dell'utilizzo dei fondi pubblici per il mantenimento dei beni pubblici comuni, come la biodiversità. Gli allevatori disonesti scovati nelle Marche hanno per questo truffato non solo le istituzioni dell'Unione Europea e della Regione Marche ma tutti i cittadini europei che hanno difeso il ruolo della PAC per la conservazione di un bene comune come la biodiversità", ha ribadito Franco Ferroni, Responsabile nazionale Politiche Agricole e Sviluppo Rurale del WWF Italia.
IL BILANCIO DELL'OPERAZIONE. Il Corpo Forestale dello Stato ha effettuato 213 controlli di cui 133 sono risultati non conformi. Sono 99 gli allevatori indagati per truffa aggravata ai fini del conseguimento di erogazioni pubbliche ed altri reati connessi. Circa 100 gli illeciti amministrativi accertati per i quali sono state contestate sanzioni amministrative per circa 1.400.000 euro.
Gli illeciti più comuni accertati hanno riguardato: la mancanza del requisito della residenza in zona montana o svantaggiata, la non disponibilità assoluta o parziale di bestiame, la non disponibilità delle superfici dichiarate in domanda, la mancata utilizzazione dei pascoli montani.