«No al carcere per gli innocenti. Sì all'accesso della stampa nei Centri per immigrati». Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani aderiscono alla mobilitazione " LasciateCIEentrare", promossa per oggi, lunedì 25 luglio, dalla Federazione nazionale della stampa (
Fnsi) e dall'Ordine dei giornalisti, insieme con molte organizzazioni umanitarie.
La mobilitazione chiede il rispetto dell'art. 21 della Costituzione e il
ritiro della circolare n. 1305 del Ministero dell'Interno, datata 1° aprile, che limita di fatto il diritto-dovere d'informazione vietando l'ingresso dei giornalisti nei Centri di identificazione ed espulsione per immigrati (Cie) e nei Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara). L'iniziativa arriva pochi giorni dopo l'approvazione, da parte del Parlamento, del decreto del Governo che prolunga la "detenzione" delle persone nei Centri fino a 18 mesi.
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Le Acli non possono condividere questa politica "punitiva" adottata dal Governo nei confronti degli stranieri giunti nel nostro Paese a seguito della situazione nordafricana». Lo spiega Antonio Russo, responsabile dell'immigrazione per le Associazioni dei lavoratori cristiani. «L'effetto combinato dei due provvedimenti è quello di trasformare i Centri per immigrati in moderni campi di detenzione, di fatto "incarcerando" per 18 mesi persone che non si sono macchiate di alcun reato e impedendo agli operatori dell'informazione di raccontare e documentare la realtà».
«Ancora una volta - aggiunge Russo - piuttosto che attivare le forme consentite dalla direttiva europea sui rimpatri assistiti, che potrebbero agevolare il ritorno dei migranti nei Paesi d'origine con minore aggravio di risorse economiche, si sceglie la soluzione ad "effetto", che risponde meglio alla
logica propagandistica di confinare gli immigrati fuori dai territori, anche a costo di violare il diritto internazionale e le leggi italiane».
Con l'adesione alle manifestazioni del 25 luglio «le Acli auspicano che la pressione dell'opinione pubblica e della società civile organizzata induca il Governo a rivedere al più presto le sue posizioni, adottando
misure più ragionevoli e più rispettose dei diritti civili».