Centinaia di migliaia di rifugiati sono ammassati nei campi di Dadaab, Kenya nord orientale, fuggiti dalla siccità e dal conflitto nella vicina Somalia.I campi di Dagahaley, Ifo e Hagadera di Dadaab, in grado di ospitare 90.000 persone, ora accolgono circa 370.000 persone.
Nel loro insieme, i campi costituiscono il più grande insediamento di rifugiati al mondo. «Ci sono troppi profughi in arrivo», dice la signora Ahmed, che ha visitato i campi. Secondo l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, Dadaab ha accolto tra i 6.000 e gli 8.000 rifugiati somali ogni mese nel corso del 2010.
Quest'anno, la media è aumentata arrivando a 10.000 al mese, e i numeri sono cresciuti rapidamente nelle ultime settimane.
Un percorso insidioso
I rifugiati arrivano soprattutto a piedi, esausti e disidratati da un viaggio che può durare addirittura due mesi. «È un viaggio lungo e insidioso», dice la signora Ahmed. «Quando arrivano nei campi, sono affamati, molti arrivano quasi completamente nudi, tenendo in braccio i loro figli.»
Quando arrivano in Kenya, i profughi raccontano storie orribili di privazione e pericolo. «Alcuni di loro hanno perso dei familiari lungo la strada a causa di fame e sete. Alcuni hanno riferito che i membri della famiglia sono stati assaliti e mangiati da animali selvatici» ci dice la signora Ahmed.
Notizie non confermate rivelano che membri della milizia armata impediscono alla gente di lasciare la Somalia. Crisi alimentare regionale L'ampio volume di rifugiati somali - non tutti approdati in Kenya - sta mettendo a dura prova i paesi ospitanti della regione, a loro volta estremamente colpiti dalla siccità. L'Africa orientale è nella morsa di una crisi alimentare che secondo le stime delle Nazioni Unite sta interessando almeno 10 milioni di persone, di cui 2 milioni sono bambini sotto i cinque anni. E la situazione continua a peggiorare.
L'ONU chiede una risposta molto forte da parte dei governi e dei donatori. I programmi di aiuto costituiscono meno della metà del denaro necessario per una risposta adeguata alla crisi.
Il lavoro dell'UNICEF nei campi profughi si concentra sui seguenti interventi: identificare i minori non accompagnati, fornire cibo ai bambini e alle madri e offrire spazi sicuri per i bambini.
«Ci sono assistenti assegnati che parlano con questi bambini. Si tratta di personale che li aiuta nello sviluppo delle capacità mentali e delle loro abilità di gioco. Ma questi assistenti sono pochi», spiega la signora Ahmed.
Le risorse sono scarse Con le risorse attuali, i campi non possono soddisfare la domanda. L'ONU stima che ogni mese 15.000 somali lasciano il loro paese, verso il Kenya e l'Etiopia. Il conflitto è stato il rischio principale per la sopravvivenza dei somali da anni, ora è la siccità che li ha portati a un punto di rottura.
Ora sono così disperati che rischiano la loro vita e quella delle loro famiglie a costo di fuggire verso una situazione che non è molto migliore rispetto a quella che hanno lasciato. In Kenya, si uniscono ad altri rifugiati che vivono nei campi da anni. «Devono accogliere i nuovi arrivati dalla Somalia», dice la signora Ahmed. «Questo mette i rifugiati in una condizione molto difficile, perché hanno poco, e quel poco lo devono condividere. E per me questa è la prima necessità all'interno dei campi