Nuovi focolai di colera si sono riaccesi in Haiti. Dopo le 5.300 morti nell'epidemia che si è avuta in ottobre e novembre 2010, la stagione delle piogge particolarmente violente sta trascinando con sé la diffusione del vibrione.
Diverse decine i casi già trattati.
AVSI ha ripreso le attività di sensibilizzazione e di particolare attenzione all'igiene. La prevenzione e la reidratazione immediata sono infatti il metodo efficace per evitare il diffondersi dell'epidemia e un'incidenza elevata di mortalità, come quella del focolaio esploso a ottobre. Allora, i tassi di mortalità hanno superato qualsiasi precedente storico, proprio perché si trattava di un nemico del tutto sconosciuto e quindi impossibile da affrontare e sconfiggere.
Oggi le persone sono più preparate, però le circostanze igienico sanitarie dei campi sfollati sono sensibilmente peggiorate a causa delle piogge torrenziali che allagano i campi e diffondono immondizie, microbi, batteri. Inoltre, essendo ormai passato un anno e mezzo dalla catastrofe, le regole internazionali e anche nazionali favoriscono lo smantellamento di interventi di emergenza, le distribuzioni di alimenti, acqua, il mantenimento di strutture di accoglienza temporanea.
Il tasso di mortalità è particolarmente elevato nei bambini dai 6 mesi, perché le mamme abbandonano l'allattamento e le loro difese si abbassano, ma anche nei bambini fino a 5 anni, in quanto la carenza di proteine e micronutrienti li rendono particolarmente fragili.
Fondamentale sta diventando quindi l'intervento tempestivo per ripristinare le metodiche utili ad evitare il contagio, la distribuzione di acqua potabile e sali.
In un'intervista resa a Radiopace, che potete ascoltare qui sotto,
Maria Teresa Gatti, direttore Knowledge Management di AVSI, ripercorre l'impegno della Fondazione presente in Haiti dal 1999. Dalla ricostruzione dopo il terremoto del 12 gennaio 2010, alla realizzazione di corsi di sensibilizzazione per lo sfruttamento delle risorse idriche. Dai centri nutrizionali ai progetti di sviluppo agricolo.
"Il popolo haitiano ha voglia di ricominciare a vivere. Per questo bisogna ripartire dalla ricostruzione dell'umano, prima ancora di quella sul terreno. Perché le persone possano diventare protagoniste della propria vita e del proprio futuro. E' una strada lunga, ma certamente l'unica percorribile".