Il fatto che il cosiddetto "Decreto Sviluppo", su cui il Governo ha posto la fiducia, non contenga più la possibilità di concedere un diritto di superficie ventennale (inizialmente era novantennale) sugli arenili ricadenti sul demanio pubblico rappresenta certamente una buona notizia, anche se sono già in corso pressioni per riprendere la questione all'interno di un nuovo provvedimento, osservano WWF e FAI.

"L'accantonamento è stato dettato anche da problemi tecnico giuridici visto che nell'applicazione il diritto di superficie, sovrapponendosi alla concessione demaniale, complicava non poco le gare di assegnazione comunque richieste dall'Unione Europea; inoltre creava una situazione di fatto a vantaggio di coloro che avrebbero edificato,  e a svantaggio dello Stato", commentano WWF e FAI.

Una considerazione più politica deriva poi dal fortissimo richiamo che gli elettori hanno fatto  con il referendum  rispetto ai beni comuni e, più in generale, rispetto all'interesse pubblico che dev'essere sempre prevalente rispetto a quello dei privati, soprattutto quando questi ultimi hanno la possibilità di fare reddito utilizzando i beni di tutti.  Il senso di svendita delle spiagge, di cessione di fatto di pezzi del demanio, di cedimento dello Stato rispetto alle lobby dei balneari, era enorme  alla luce del provvedimento. Non è stato un caso dunque che il provvedimento sia stato modificato due giorni dopo la vittoria dei "SI'" ai referendum.
 
Come denunciato sin dall'inizio da WWF e FAIl'utilizzo di un istituto privatistico, qual è il diritto di superficie (che, assieme alla "proprietà", fa parte di quei diritti detti "reali"), alterava completamente il rapporto tra Stato e Privati  (a favore di questi ultimi) nella gestione dei beni marittimi demaniali che sino ad ora erano regolati dal Codice della Navigazione ed in particolare da un istituto pubblicistico qual è quello della "concessione".

La battaglia segna dunque oggi una vittoria degli interessi collettivi, ma come già in passato il WWF e il FAI si dicono sicuri che la potente azione di lobby che aveva determinato il provvedimento governativo poi ritirato non si placherà e non rinuncerà a chiedere l'impossibile.

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