«Le modestissime variazioni sull'occupazione riscontrate dall'Istat ad aprile fotografano un Paese bloccato, dove la crescita stenta ad assumere consistenza. I rinvii di importanti decisioni sulle riforme economiche, se in tempi di caduta del Pil possono aver consentito di garantire il controllo dei conti pubblici, oggi non sono più tollerabili».  Lo afferma il responsabile del dipartimento lavoro delle Acli, Maurizio Drezzadore, commentando i dati diffusi oggi dall'Istituto nazionale di statistica su occupazione e disoccupazione in Italia, nel giorno in cui il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, pronuncia le sue ultime "Considerazioni finali".

«Bisogna al più presto dar seguito a una riforma fiscale che riduca l'imposizione sui redditi da lavoro, il carico fiscale sulle imprese e in particolare sulla remunerazione degli investimenti in attività produttive e di servizi». Spiega Drezzadore: «Il mantenimento di uno squilibrio fiscale a tutto vantaggio delle rendite, in aggiunta alla lunga stagione di riforme mancate, ha prodotto nel nostro Paese un decennio di rallentamento della crescita, inibendo la produttività e portando l'Italia agli ultimi posti in Europa».  

Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani hanno apprezzato contestualmente le parole del Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi. «Il Governatore - commenta Maurizio Drezzadore - ha indicato anche oggi strade capaci di coniugare sviluppo economico e coesione sociale. Ridare fiducia al Paese, ricostruire modelli di confronto negoziale tra le rappresentanze sociali, superare un clima di sterile contrapposizione, sono requisiti di rilevante importanza che devono essere perseguiti a fianco degli interventi a sostegno dell'economia».  

«Anche le Acli - aggiunge Drezzadore - ritengono necessario porre subito mano a riforme che rendano più competitivo il nostro sistema economico, in grado di rilanciare lo sviluppo. Ma verso questo scenario è urgente incamminarsi non solo con provvedimenti fiscali, ma anche rilanciando una maggiore coesione sociale e superando quella ormai non più accettabile frattura del mercato del lavoro tra lavoratori protetti e lavoratori lasciati in balia dell'instabilità del ciclo economico».

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