ROMA - Più di un italiano su quattro fa parte di una rete informale, cioè in qualità di amico, parente, collega, vicino di casa si mette a disposizione di altre persone bisognose di aiuto. Per un totale di 3 miliardi di ore all'anno. È questo il vero welfare italiano, fotografato dall'Istat nel "Rapporto annuale sulla situazione del paese". È il volto di un'Italia che si riscopre solidale e che trova nelle reti familiari e amicali una vera e propria àncora. Si tratta di oltre 14 milioni di persone, chiamate "caregiver", il cui numero è in crescita rispetto al 1983: allora erano il 20,8%, oggi il 26,8% della popolazione italiana.
I motivi dell'aumento. Il merito di questo aumento è dovuto a più fattori, tutti comunque strettamente riconducibili alle profonde trasformazioni demografiche che hanno interessato il paese negli ultimi anni. Ma dipende anche dai criteri usati dall'Istat per definire il "caregiver": solo le persone che non vivono nella stessa abitazione della famiglia che riceve aiuto. Poiché i nuclei familiari sono diventati sempre più piccoli, con al massimo due generazioni conviventi sotto lo stesso tetto, ne risulta che una nonna che dà appoggio esterno rientra a pieno titolo nei caregiver, anche se il suo lavoro di assistenza non è cambiato rispetto al passato. Un altro motivo dell'aumento sta nel maggior numero di anziani in buona salute, che diventano risorsa attiva per la famiglia di riferimento e sempre più spesso per l'intera comunità. Il terzo motivo è l'ingresso della donna nel mercato del lavoro, che ha costretto le famiglie a pensare soluzioni alternative soprattutto per l'assistenza ai bambini, richiedendo sempre più spesso un aiuto esterno.
Donne schiacciate. Questa vasta rete solidale non riesce però a dare risposte sufficienti ai bisogni crescenti: difficoltà economiche, "grandi anziani" spesso non autosufficienti da accudire, figli da gestire sono ancora appannaggio della donna, costretta a far fronte a un carico di cura che l'Istat definisce "insostenibile". Questo "pilastro delle reti di aiuto", come viene definito nel rapporto, da solo fornisce i due terzi di tutto l'aiuto informale, con 2,2 miliardi di ore sul totale di 3 miliardi.
Difficoltà economiche e giovani. Sale il numero delle famiglie sostenute economicamente dalla rete informale: sono il 20,6% (18,9% nel 1998, con forte incremento dal 2003 quando erano 16,8%): un segno delle crescenti difficoltà a far quadrare i bilanci domestici. I destinatari sono perlopiù persone disoccupate (67%), con madre sola casalinga (42,7%), ma aumentano significativamente gli aiuti ai giovani: dal 24% a 29% per famiglie con capofamiglia tra 25 e 39 anni.
Assistenza ai minori. Se la voce "assistenza agli anziani" incide molto sul carico di cura della donna, non è comunque la più onerosa. L'Istat infatti riferisce che è cambiata la distribuzione delle ore di assistenza: prima di tutto vengono i bambini. Le ore dedicate ai minori aumentano del 50% dal 1998 al 2009, arrivando a 1 miliardo e 322 milioni e coinvolgendo 4 milioni di caregiver. Non solo: il 40,2% degli aiuti informali in un anno è rivolto a bambini, soprattutto al Centro-Nord. Al contrario, cala il tempo per l'assistenza agli adulti, per attività domestiche e prestazioni sanitarie.
Apporto del volontariato. Anche il mondo del volontariato fa la sua parte, rappresentando il 6,6% dei caregiver: è in calo rispetto al 2003, quando era al 7,9%, ma in crescita rispetto al 1998 (5,6%). L'attività dei volontari assorbe il 5,5% delle ore fornite in un anno e l'aiuto più frequente è quello economico: questa voce ha subito un netto incremento rispetto a dieci anni fa. Dal 4,6% del 1998 si è arrivati nel 21% sul totale degli aiuti. Importante resta il ruolo di compagnia (17,2%), di assistenza ai bambini (15,3%) e agli adulti (12,3%). (gig)