È un quadro frammentato e disomogeneo quello fotografato dall'indagine effettuata dal Coordinamento Agende 21 Locali Italiane nell'ambito del progetto europeo LG Action sulle azioni portate avanti dalle Regioni per l'energia sostenibile e la protezione del clima. In assenza infatti di una definita strategia nazionale, le numerose buone pratiche rilevate perdono di efficacia a causa del mancato coordinamento e di una regia che indichi in modo chiaro alle amministrazioni locali la direzione da prendere in modo corale.
Anche se la maggior parte delle Regioni hanno definito degli obiettivi, questi sono spesso calcolati con metodi e su basi diverse, non sono generalmente confrontabili ed inoltre non sono sintetizzati in un indicatore aggregato. Un Piano infatti prevede una serie di azioni finalizzate all'aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili, ma questo aumento resta per lo più generico e non è quantificato tramite una percentuale del totale dell'energia prodotta.
Per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di gas serra ad esempio, 13 su 18 Regioni (Sicilia e Trentino Alto Adige non sono state considerate) hanno identificato un obiettivo nel proprio strumento di pianificazione ma ciascuna in modo differente. Se la maggior parte dei Piani fa riferimento infatti al protocollo di Kyoto di questi, cinque (Abruzzo, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna) sono coerenti con l'obiettivo nazionale (-6,15% rispetto alle emissioni del 1990 entro il 2012), tre fissano un obiettivo inferiore (Liguria, Marche e Puglia) e il Lazio si pone un obiettivo maggiore (-9-16% emissioni di gas serra in meno entro il 2010).
Il Piano per una Lombardia sostenibile e il Piano Energetico Toscano fanno invece riferimento alla strategia europea 20-20-20 mentre la Regione Friuli Venezia Giulia e il Piano energetico delle Marche prevedono una riduzione delle emissioni, ma non identificano un indicatore aggregato; i Piani Energetici di Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia e Veneto non prevedono uno specifico obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra.
Se si considera poi la riduzione dei consumi ciascun piano fissa un obiettivo di riduzione dellacrescita della domanda di energia. Da questo risulta che la maggior parte degli scenari non prevedono una riduzione dei consumi totali che continuano a crescere. Solo Abruzzo, Calabria,Lazio e Molise prevedono una effettiva riduzione rispetto alla domanda attuale. Solo la Basilicata ela Lombardia hanno adottato un obiettivo esplicitamente coerente con la strategia UE 20-20-20.Mentre Campania, Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte, Sicilia, Umbria e Veneto non esprimono l'obiettivo di riduzione con un indicatore sintetico.
In fine analizzando lo sfruttamento delle energie rinnovabili tutti i piani prevedono degli aumenti, ciò nonostante molti di questi (Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Marche, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Umbria, Veneto) non identificano un indicatore sintetico per quantificarlo ma solo una serie di azioni e politiche di settore. Per quanto riguarda gli obiettivi espressi sinteticamente solo quattro di questi (Basilicata, Campania, Lombardia e Toscana) sono obiettivi esplicitamente coerenti con la strategia 20-20-20.
"L'Italia non può più continuare a improvvisare e azzardare delle proiezioni non suffragate da una seria strategia energetica nazionale - sottolinea Emanuele Burgin, presidente del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane - Senza una visione chiara di quanto ciascun settore dovrà contribuire nello scenario generale, ogni nuovo progetto sul fronte dell'energia rischierà di essere un'inutile velleità. Non si possono considerare solo le singole fonti ma la coralità di un sistema che assieme deve concorrere ad una maggiore efficienza. Serve senza dubbio un forte sforzo sul fronte delle rinnovabili e una maggiore coerenza nella definizione di un percorso che certamente dovrà portare i numeri dell'eolico e del fotovoltaico a decuplicare rispetto ad oggi per raggiungere gli obiettivi stabiliti a livello europeo."
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