Trasformare l'apprendistato nel «
principale strumento contrattuale di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro». Deve essere questo secondo le Acli l'obiettivo della riforma varata ieri dal Governo in Consiglio dei Ministri. «Il successo o meno del ?nuovo apprendistato' - spiegano le Acli - dipenderà dalla sua capacità di affermarsi come forma contrattuale
sostitutiva di una ampia fascia di contratti atipici che coinvolgono oggi le giovani generazioni».
Per
Maurizio Drezzadore, responsabile lavoro delle Acli, «bisognava liberare l'apprendistato dalle sabbie mobili», superando innanzitutto «frantumazione regionale» e «incertezze normative». Il testo del Decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri «va apprezzabilmente in questa direzione, prefigurando degli
standard nazionali - da conseguire con la contrattazione collettiva - soprattutto
sulla formazione, che era diventato il punto più controverso nella gestione della attuale normativa».
«La
formazione trasversale fuori dell'azienda - continua Drezzadore -
non potrà scendere al di sotto dei livelli stabiliti. Viene sancita la regola che prevede, nel contratto di apprendistato, non solo una generica formazione professionalizzante, espressione dei processi produttivi, ma anche una formazione orientata alle competenze trasversali, che diviene dotazione per ogni singolo lavoratore in grado di essere spesa nell'intero contesto della vita lavorativa».
«Ma soprattutto - aggiunge il responsabile delle Acli - l'apprendistato ha bisogno di diventare la forma nazionale di contratto collettivo che consente ai giovani il primo ingresso nel mercato del lavoro. Per
contrastare precarietà e disoccupazione». «Il successo o meno del ?nuovo apprendistato' dipenderà proprio dalla sua capacità di affermarsi come forma contrattuale sostitutiva di una ampia fascia di contratti atipici che coinvolgono oggi le giovani generazioni».
«Per conseguire questo risultato - insiste Drezzadore - occorrerà però
rendere competitivo il costo aziendale dell'apprendistato, allineando progressivamente i coefficienti contributivi dei contratti a progetto e parificandoli al lavoro dipendente. E' questo il vero banco di prova per il governo».