Il via libera ai bombardamenti italiani in Libia annunciato dal presidente del Consiglio trova contrarie le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, «per ragioni di opportunità oltre che di principio», spiega il presidente nazionale Andrea Olivero.
«L'Italia non è infatti un Paese come gli altri rispetto alla Libia. Da ex potenza coloniale dovremmo avere maggior cautela a intraprendere direttamente operazioni militari dopo gli eccidi compiuti nel secolo scorso. Impegniamoci semmai con maggiore generosità nell'accoglienza dei profughi, manifestando concreta amicizia al popolo libico. Un compito non meno gravoso che lanciare dal cielo bombe che intelligenti non sono mai».
«Né ci tranquillizza - aggiunge Olivero - la promessa che i nostri saranno bombardamenti "mirati". Un'affermazione che getta semmai un'ombra nefasta sui bombardamenti degli "altri". Qualunque operazione che non fosse "mirata" sarebbe infatti un atto indiscriminato di guerra che porterebbe l'intera operazione fuori dal diritto internazionale».
Per il presidente delle Acli «l'impegno militare italiano sarebbe invece accettabile per l'apertura di corridoi umanitari». «Da tempo - afferma Olivero - chiediamo con altre organizzazioni un intervento urgente per la protezione e l'evacuazione dei rifugiati provenienti dall'Africa Sub-Sahariana, in particolare dal Corno d'Africa, che si trovano intrappolati in Libia e minacciati da tutte le parti in conflitto, così come per quelli che hanno già raggiunto il confine libico-tunisino e che non hanno possibilità di ottenere una effettiva protezione in Tunisia». |