Negli ultimi giorni si è assistito ad un
dibattito paradossale e di cattivo gusto secondo cui l'incidente di Fukushima è meno grave di quello di Cernobyl, così come ribadito oggi dal Governo giapponese secondo il quale le due catastrofi sarebbero di natura diversa e la quantità di radioattività rilasciata a Fukushima sarebbe di circa un decimo di quella rilasciata a Cernobyl. Non si capisce l'obbiettivo di questa argomentazione - ma se ne comprende la strumentalità - che vorrebbe, contro ogni evidenza, tranquillizzare l'opinione pubblica sul nucleare la cui pericolosità è ormai evidente a chiunque. Lo afferma il WWF in una nota commentando le dichiarazioni rilasciate
in occasione del 25esimo anniversario del'incidente nucleare di Cernobyl. Ci si dimentica - prosegue l'associazione ambientalista - che
il problema delle radiazioni non può essere considerato solo in relazione all'intensità di queste ma anche
in funzione del tempo di esposizione a cui le persone sono sottoposte. Questi dati su Fukushima sono tuttora da verificare, data la reticenza del Governo nipponico e della Tepco nel rilasciare informazioni sull'incidente e sulle sue ricadute.
Nel paragone tra i due incidenti nucleari bisogna comunque ricordare che la tecnologia del reattore di Cernobyl era considerata ampiamente superata già al momento del dell'esplosione, mentre quella dell'impianto di Fukushima, comune a tante altre centrali nel mondo, era acclarata come sicura, a dimostrazione che l'energia atomica non è mai sicurezza. Cambiano inoltre il contesto e la modalità di intervento.
Da una parte l'Ucraina, poco popolosa con vastissime zone forestali, dall'altro il Giappone, affollato e metropolitano con Tokyo a poco più di 200 km; da un lato l'esercito ucraino sacrificato per realizzare il sarcofago di cemento armato e fermare le emissioni; dall'altro i tecnici giapponesi che combattono, per quanto possibile in termini di sicurezza, con l'emergenza per trovare soluzioni non ancora efficaci. In Giappone dunque abbiamo un'esposizione di intensità inferiore ma che coinvolge un numero molto maggiore di persone e per un tempo significativamente più lungo.
Ad oggi non è possibile conoscere le conseguenze di questa crisi nucleare ma purtroppo l'esperienza ci insegna che l'ottimismo in questi casi non è mai un buon alleato. Fukushima dimostra che l'imprevedibile è tale per definizione e pertanto nonostante le strutture abbiano sostanzialmente retto sia allo tsunami che al terremoto, ben tre sistemi di avvio al raffreddamento, l'uno alternativamente all'altro, hanno fallito e potrebbero fallire ancora in altri impianti con la stessa tecnologia. Il nucleare sicuro è dunque soltanto uno slogan di marketing e nel nostro Paese dovrebbe fare i conti non solo con i problemi di dissesto idrogeologico ma anche con il dissesto amministrativo.