Ribadendo il principio dell'inalienabilità del diritto di accesso ai beni comuni, l'AIFO difende il diritto per ogni persona di poter usufruire gratuitamente (fatta salva l'equa partecipazione ai costi di gestione) di un bene, come l'acqua, che appartiene a tutti e che è fondamentale per la vita e per la salute, e afferma pertanto l'inammissibilità di una norma che consentirebbe di affidare la gestione dell'acqua a ditte private e l'applicazione di tariffe tali da garantire alle ditte un profitto.
Il primo dei due quesiti referendari propone di abrogare l'articolo 23 bis del decreto n. 112 del 2008, che disciplina l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali al fine di favorire la libertà di prestazione dei servizi da parte di tutti gli operatori economici interessati. L'articolo autorizza l'affidamento dei servizi pubblici locali anche ad operatori privati che operano con fine di lucro.
Il secondo quesito propone di abrogare una frase del comma 1 dell'art. 154 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, che recita "...dell'adeguatezza della remunerazione del capitale invesito": in pratica, si tratta di cancellare quella parte della legge che autorizza l'ente gestore a determinare le tariffe nell'erogazione dell'acqua pubblica per trarne una remunerazione economica (cioè un profitto).
Ricordando il monito di Raoul Follereau ad un impegno comune per sconfiggere le cause dell'ingiustizia e dell'ineguaglianza, l'AIFO invita tutti i cittadini che condividono questi valori ad impegnarsi affinché sia garantita la tutela del diritto di accesso all'acqua ed a tutti i beni comuni, in Italia come in ogni altra regione del pianeta.