Perdono i benefici in materia di imposte dirette, se non dimostrano la sussistenza del principio di mutualità
Non hanno diritto alle agevolazioni fiscali le società cooperative che non presentano la dichiarazione dei redditi. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza 8140 dell'11 aprile, che ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate. L'omissione della dichiarazione annuale e l'irregolare tenuta delle scritture contabili sono circostanze idonee, per la loro gravità, a escludere il potere-dovere di vigilanza dell'Amministrazione finanziaria sui requisiti di mutualità delle cooperative, necessari per fruire delle agevolazioni fiscali relative all'esonero da imposizione diretta.

Il fatto
A seguito notifica di un accertamento Irpeg conseguente a decadenza dalle agevolazioni fiscali, la competente Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso di una società cooperativa di produzione e lavoro, affermando che la contribuente aveva diritto alle agevolazioni previste dall'articolo 12 della legge 904/1977, nonostante la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi.
In conseguenza della conferma della sentenza anche in secondo grado, la vertenza approdava davanti alla Corte di cassazione, ove l'Agenzia delle Entrate, in forza di un unico motivo, denunciava violazione del combinato disposto degli articoli 11 e 14 del Dpr 601/1973, 12 della legge 904/1977 e 26 del Dlgs 1577/1947, oltre vizi di motivazione, in quanto la Commissione del riesame, con un artificioso "raggiro" del thema decidendum, aveva ritenuto che l'ufficio non avesse provato la non spettanza delle agevolazioni fiscali avuto riguardo "ad una concreta violazione del principio della mutualità o alla mancata iscrizione nei registri previsti della legge", nonostante il pacifico riconoscimento dell'omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e nonostante le assodate violazioni contabili commesse dalla società contribuente.

Regime agevolativo per le cooperative
Si premette che con la riforma del diritto societario (articoli 8 e 9 del Dlgs 6/2003), in vigore dal 1° gennaio 2004, il legislatore ha suddiviso le cooperative in due categorie: le cooperative a mutualità prevalente, che possiedono il requisito della "mutualità prevalente" descritto dagli articoli 2512 e 2513 del codice civile e che hanno adeguato i propri statuti, introducendo le clausole di non lucratività elencate nell'articolo 2514 cc. Ai fini della dimostrazione del possesso del requisito della prevalenza (articolo 1513 cc), le società cooperative comunicano annualmente le notizie di bilancio all'amministrazione presso la quale è tenuto l'albo (articolo 10, comma 4, legge 99/2009) le cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente che, pur mancando di tale requisito, conservano la funzione sociale tipica del fenomeno mutualistico. I requisiti mutualistici sono stabiliti dall'articolo 26 del Dlgs 1577/1947, in base al quale, agli effetti tributari si presume la sussistenza dei requisiti mutualistici quando negli statuti delle cooperative siano contenute le seguenti clausole:
1. divieto di distribuzione dei dividendi superiori alla ragione dell'interesse legale ragguagliato al capitale effettivamente versato
2. divieto di distribuzione delle riserve fra i soci durante la vita sociale
3. devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale - dedotto soltanto il capitale versato e i dividendi eventualmente maturati - a scopi di pubblica utilità conformi allo spirito mutualistico.
La legge 99/2009 ha introdotto rilevanti novità in tema di cooperative e consorzi agrari. In particolare, dal 1° gennaio 2004, le cooperative a mutualità prevalente - come quelle di produzione e lavoro - godono di agevolazioni tributarie previste dall'articolo 223-duodecies delle norme di attuazione e transitorie del codice civile (quelle a mutualità prevalente non beneficiano delle agevolazioni fiscali, ad esclusione dell'esenzione Ires sugli utili accantonati alla riserva minima obbligatoria - 30% - ma possono comunque fruire delle agevolazioni e degli incentivi diversi da quelli di natura tributaria che l'ordinamento concede alle cooperative in genere). Le cooperative sociali e i loro consorzi beneficiano, tra l'altro, dell'esenzione piena dalle imposte sul reddito prevista dall'articolo 12 della legge 904/1977, in relazione alle somme destinate a riserve indivisibili e, ricorrendone i presupposti, delle esenzioni previste dal titolo III, articolo 10 e seguenti, del Dpr 601/1973 (cfr circolare 34/2005). Ai sensi dell'articolo 11 del Dpr 601/1973, applicabile alle cooperative di produzione e lavoro e ai loro consorzi, esclusivamente ai fini Ires e non anche ai fini Irap (risoluzioni 130/2005 e 80/2009):
1. sono esenti da Ires i redditi conseguiti, se l'ammontare delle retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci che prestano la loro opera con carattere di continuità, comprese le somme di cui al punto 3), non è inferiore al 50% dell'ammontare complessivo degli altri costi, tranne quelli relativi alle materie prime e sussidiarie
2. l'Ires è ridotta a metà se l'ammontare delle retribuzioni è inferiore al 50% ma non al 25% dell'ammontare complessivo degli altri costi, esclusi quelli relativi alle materie prime e sussidiarie
3. sono deducibili dal reddito le somme erogate ai soci lavoratori a titolo di integrazione delle retribuzioni fino al limite dei salari correnti aumentati del 20%
4. l'esenzione non si applica sulle quote di utili netti annuali da assoggettare a tassazione, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, lettere a) e b), Dl 63/2002
5. la disposizione si applica limitatamente al reddito imponibile derivante dall'indeducibilità dell'Irap (articolo 1, comma 462, legge 311/2004).

La rettifica della Cassazione
La Suprema corte, decidendo la vertenza nel merito, ha respinto il ricorso introduttivo della società contro l'avviso di accertamento, ritenendo fondata la censura dell'Amministrazione finanziaria.
Secondo il giudice di legittimità, è esaustivo per il disconoscimento del beneficio fiscale che l'Amministrazione accerti, in relazione allo specifico periodo d'imposta, l'insussistenza dei presupposti che consentono di ritenere la concreta ricorrenza nella vertenza del principio di mutualità voluto dalla legge. Da qui, è giocoforza ritenere responsabile la cooperativa dell'impossibilità di effettuare il predetto accertamento a causa:
- sia della verificata mancanza e/o dell'irregolare tenuta delle scritture contabili, come il registro dei cespiti ammortizzabili, il registro Iva delle vendite e il registro delle retribuzioni, risultanti dalla combinazione normativa dell'articolo 73 del Tuir (soggezione passiva d'imposta) con gli articoli 13 e 14 del Dpr 600/1973 (obbligo di tenuta delle scritture contabili di tali soggetti)
- sia dell'occultamento dei redditi conseguiti nell'anno d'imposta in esame (omessa presentazione della dichiarazione annuale).
Questo principio deriva dall'analisi ermeneutica delle diverse disposizioni normative appositamente previste per le società cooperative. Infatti, a fronte di dette infrazioni sostanziali, resta vanificato il contenuto del comma 2 dell'articolo 14 del Dpr 601/1973, secondo cui i requisiti della mutualità si ritengono sussistenti quando negli statuti sono espressamente e inderogabilmente previste le condizioni indicate nell'articolo 26 del Dlgs Cps 1577/1947, "e tali condizioni sono state in fatto osservate nel periodo di imposta e nei cinque precedenti, ovvero nel minor periodo di tempo trascorso dall'approvazione degli statuti stessi".
Inoltre, viene qui ad evidenza la normativa civilistica che prevede, per la cooperativa, la perdita della qualifica di "mutualità prevalente", in base all'articolo 2545-octies cc, quando, per due esercizi consecutivi, non rispetti la condizione di prevalenza di cui all'articolo 2513 cc, ovvero quando modifichi le previsioni di cui all'articolo 2514 cc. Riferisce quindi la motivazione della sentenza 8140/2011 che, per l'applicazione del beneficio previsto dall'articolo 12, legge 904/1977 (secondo cui non concorrono a formare il reddito imponibile le somme destinate a riserve indivisibili, purché ne sia esclusa in via definitiva la distribuzione fra i soci anche all'atto dello scioglimento), non è sufficiente che la cooperativa possieda tutti i requisiti necessari per entrare nel sistema agevolativo, ma occorre invece accertare se, indipendentemente dall'ammontare dell'utile dei diversi esercizi, figurino o meno nello statuto della società vincoli di destinazione degli utili prodotti, tali da rendere impossibile la loro distribuzione ai soci, sia durante la vita dell'ente che all'atto del suo scioglimento, in modo che, per poter derogare a tali vincoli, si renda necessaria una modifica dello statuto con deliberazione di assemblea straordinaria e secondo le procedure previste per le modifiche statutarie (Cassazione, sentenza 17110/2007).
Sostiene ancora la Corte che le disposizioni normative sopra richiamate, combinate insieme, vanno lette nel senso che le cooperative di produzione e lavoro sono esentate dall'Irpeg, imposta vigente nel periodo di riferimento, non per ragioni "soggettive", in funzione cioè della natura giuridica delle stesse, bensì per ragioni "oggettive", individuabili nell'attività effettivamente svolta e in presenza, altresì, di tutti gli altri specifici elementi richiesti dalla legge.
Dunque, su entrambi i requisiti e con riferimento al singolo periodo d'imposta preso in considerazione, l'Amministrazione finanziaria esercita l'attività di vigilanza e controllo (i cosiddetti "presupposti di applicabilità", ex articolo 14, comma 3, Dpr 601/1973) (Cassazione, sentenze 10544/2006, 8202/2007 e 23002/2009).
Invece, la Commissione tributaria regionale, incoerentemente, anzi incorrendo in un error in iudicando, ha ritenuto che violazioni di natura sostanziale, quali l'omessa dichiarazione dei redditi e l'irregolare tenuta della contabilità (che legittimano comunque l'accertamento induttivo: Cassazione 6623/2011), "fossero ininfluenti a dimostrare una concreta violazione del principio della mutualità", invertendo così l'onere della prova che, all'inverso, grava sul contribuente (Cassazione 21953/2007). Tanto più che si tratta di disposizioni agevolative e, quindi, di stretta interpretazione (Cassazione 11106/2008).
Salvatore Servidio

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