La situazione della sicurezza sembra volgere alla calma nell'ovest della Costa d'Avorio, ma lo staff dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) segnala le allarmanti condizioni umanitarie in cui versano numerosi gruppi di sfollati interni. L'Agenzia ritiene necessario compiere sforzi più intensi affinché gli ivoriani sfollati all'interno del paese, così come coloro che invece hanno cercato rifugio nei paesi limitrofi, siano in grado di tornare alle proprie case in sicurezza e dignità.
Sono stimate in circa duecentomila le persone sfollate negli ultimi quattro mesi nelle regioni occidentali della Costa d'Avorio a seguito della violenza postelettorale. Le precarie condizioni di sicurezza hanno impedito di accedere a molti di loro. Anche il personale medico ha dovuto abbandonare l'area. Anche se i combattimenti sembrano essere cessati, la tensione interetnica resta elevata e molte persone sono costrette a rimanere nascoste nel bush.
A Duékoué in 27mila hanno trovato riparo nell'affollata missione cattolica dopo essere fuggiti da villaggi situati in un raggio di 40 chilometri dalla città. Questa settimana cinque di queste persone sono morte a causa della malaria.
Aspettano di vedere ripristinata la sicurezza nelle loro aree d'origine per poter rientrare a casa, raccontano molti sfollati agli operatori UNHCR. Alcuni hanno chiesto di essere scortati nei propri villaggi per il timore di subire maltrattamenti ai posti di blocco. Diverse infatti le notizie pervenute negli ultimi dieci giorni di stupri e abusi fisici perpetrati da uomini armati lungo la strada che collega Duékoué e Bangolo. Vogliono invece lasciare la città per rintracciare i propri famigliari che si trovano in altre aree altri sfollati che hanno subito un forte shock per i recenti massacri a Duékoué.
In altre aree delle regioni occidentali un team di operatori dell'UNHCR ha recentemente visitato il dipartimento di Zouhan-Hounien e una delle sue prefetture - Bin Houye - vicino al confine con la Liberia. Hanno incontrato oltre mille sfollati, originari soprattutto di Guiglo, Blolequin e Toulepleu. Alcuni hanno trovato alloggio nelle strutture di una chiesa cattolica e della Croce Rossa ivoriana a Zouhan-Hounien. Altri si trovano un centro per giovani a Bin-Houye. In tutti e tre questi siti mancano acqua potabile, servizi igienici ed energia elettrica. Alcuni sfollati sono costretti a dormire per terra, su sacchi di cacao.
Alcuni sfollati sperano di poter essere trasferiti in siti più spaziosi, dove possono ricevere assistenza umanitaria. Altri chiedono aiuto per ricostruire le loro abitazioni danneggiate.
Per rispondere in maniera efficace a queste necessità l'UNHCR sta cercando di potenziare la propria presenza nell'ovest della Costa d'Avorio. Finora l'Agenzia ha concentrato la propria azione sulla distribuzione degli aiuti, oltre alla registrazione degli sfollati a Duékoué per identificare le loro necessità e verificare la loro intenzione di tornare nelle aree d'origine.
Da lunedì scorso, poi, quasi seimila ivoriani hanno attraversato il confine con la Liberia entrando nella contea di Grand Gedeh. Si tratta di persone di etnia Guéré - sostenitori dell'ex presidente ivoriano Laurent Gbagbo - che hanno atteso settimane alla frontiera. Raccontano di aver attraversato a piedi il confine con la Liberia a seguito di notizie su arresti e rappresaglie ad Abidjan. Alcuni sono arrivati malnutriti. L'UNHCR e le agenzie partner stanno fornendo loro assistenza alimentare.
Con i flussi di questa settimana sono ora oltre 150mila i rifugiati ivoriani in Liberia, che si aggiungono agli oltre 13mila che si trovano in altri paesi dell'Africa occidentale.