In occasione del lancio di un rapporto sulle violazioni dei diritti umani nello Yemen, Amnesty International ha chiesto alla comunità internazionale di giocare un ruolo più attivo affinché le autorità di Sana'a siano chiamate a rispondere della sanguinosa repressione delle ultime settimane.
 
Il rapporto, intitolato "Il momento della verità per lo Yemen" documenta la brutalità con cui sono state represse le proteste contro il presidente Ali Abdullah Saleh, la corruzione, la disoccupazione e la limitazione delle libertà. I manifestanti uccisi fino al 1° aprile sono stati almeno 94. 
 
"Il governo dello Yemen ha una pessima tradizione di mancate indagini e incriminazioni nei confronti dei responsabili di uccisioni illegali, torture e maltrattamenti" - ha dichiarato Philip Luther, vicedirettore di Amnesty International per il Medio Oriente e l'Africa del Nord. "La comunità internazionale ha fornito assistenza in materia di sviluppo e di sicurezza alle autorità dello Yemen, quando le è stato chiesto. Ora occorre fare un passo avanti e fornire aiuto per dare giustizia alle famiglie di coloro che hanno perso la vita durante questo periodo di turbolenze". 
 
Il peggiore episodio di violenza si è verificato il 18 marzo, da allora chiamato il "venerdì di sangue", quando un attacco apparentemente coordinato di cecchini contro un campo di manifestanti avrebbe provocato 52 morti e centinaia di feriti. Un testimone oculare ha riferito ad Amnesty International che la maggior parte dei manifestanti è stata colpita alla testa, al collo o al petto e molti di essi sono morti sul colpo.
 
Il 19 marzo il governo yemenita ha annunciato l'apertura di un'inchiesta, senza fornire ulteriori dettagli. Amnesty International non è a conoscenza di alcun membro delle forze di sicurezza sotto indagine per le uccisioni verificatesi nel corso delle manifestazioni antigovernative a partire dalla metà di febbraio.

 

L'organizzazione per i diritti umani ha chiesto alle autorità di Sana'a di riconoscere la necessità di chiedere aiuto alla comunità internazionale per svolgere inchieste che possano fare piena luce sulle recenti uccisioni nel paese.
 
"Sulle uccisioni e i ferimenti di manifestanti e passanti delle scorse settimane occorre una commissione indipendente d'inchiesta, realmente incisiva, col mandato di obbligare i funzionari pubblici a testimoniare e che assicuri che chiunque sia individuato come autore o mandante di uccisioni illegali o dell'uso della forza eccessiva venga sottoposto a processo" - ha precisato Luther.
 
Vaste proteste sono ancora in corso in tutto il paese e in alcuni casi vengono represse con la violenza. Tra il 2 e il 4 aprile migliaia di persone sono scese in strada a Ta'izz, affrontate dalle forze di sicurezza che hanno ferito centinaia di manifestanti e hanno ucciso un numero ancora imprecisato di persone.
 
Amnesty International ha messo in guardia da possibili accordi politici che prevedano l'immunità per il presidente Saleh, i suoi stretti collaboratori ed eventuali ulteriori funzionari, in cambio dell'abbandono del potere. 
 
"Non dev'essere consentito ai vertici del governo di allontanarsi tranquillamente dietro le quinte, quando la popolazione dello Yemen chiede a gran voce che siano chiamati a rispondere del loro operato. Il modo per iniziare a stemperare la tensione nel paese è di dare verità e giustizia, anziché trovare il modo di aggirarle" - ha aggiunto Luther.

Il rapporto di Amnesty International descrive, inoltre, le continue violazioni dei diritti umani (tra cui uccisioni illegali, torture, detenzioni prolungate senza accusa) con cui il governo yemenita sta affrontando le crescenti richieste secessioniste nel sud, gli attacchi di al-Qaeda e l'intermittente conflitto coi ribelli huthi nel nord del paese.
 
Una commissione d'inchiesta sulle uccisioni durante le proteste di febbraio, sottolinea Amnesty International, dovrebbe essere lo spunto per affrontare in modo più ampio la pesante eredità lasciata dalla costante impunità per le violazioni dei diritti umani degli ultimi anni. 
 
Infine, Amnesty International ha chiesto a tutti i governi di sospendere immediatamente l'autorizzazione all'esportazione, la fornitura e i trasferimenti di armi, munizioni e altro armamentario e materiale alle forze di sicurezza dello Yemen, nel caso in cui possano essere impiegate per reprimere con forza eccessiva le proteste.
 
Tra i paesi fornitori allo Yemen figurano Bulgaria, Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Russia, Stati Uniti d'America, Turchia e Ucraina.

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