"La condanna europea nei confronti dell'Italia è ineccepibile. In Italia, infatti, ci sono tuttora grandi impianti industriali che continuano ad emettere inquinanti in aria, acqua e suolo e ad operare al di fuori delle regole decise a livello comunitario".
Così Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente ha commentato la condanna dell'Italia da parte della Corte europea di giustizia per la violazione della direttiva sulla prevenzione e riduzione integrate delle emissioni inquinanti dagli impianti industriali (direttiva Ippc, 2008/1/CE).
"Ancora molti siti industriali italiani - ha aggiunto Ciafani - sono ancora privi delle nuove Autorizzazioni integrate ambientali (Aia) che dovevano essere rilasciate già dalla fine del 2007. Ne è esempio l'Ilva di Taranto, uno dei più grandi complessi industriali d'Europa, noto negli anni scorsi per le sue elevate emissioni di diossina e per quelle di benzo(a)pirene. Ma anche per questo cancerogeno invece di intervenire per abbassarne le emissioni, il Governo con il recente Dlgs 155/2010 ha prorogato l'entrata in vigore del valore limite al 2012. Ci auguriamo pertanto che, dopo questa condanna, la Commissione Aia e il Ministero dell'Ambiente concludano al più presto le procedure di autorizzazione, evitando scorciatoie pericolose, che al danno farebbero seguire una imperdonabile beffa".
I ritardi si registrano anche nei registri Ines (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti) e E-PRTR (European Pollutant Release and Transfer Register) previsti sempre dalla Direttiva Ippc per il censimento delle emissioni inquinanti provenienti dagli impianti industriali. Anche in quest'ambito l'Italia è in forte ritardo: la sua validazione dei dati è ferma al 2006 e ancora non ha aggiornato il registro nazionale con i dati del 2007 e 2008.