Secondo un documento diffuso ieri da Amnesty International, le forze libiche fedeli al colonnello Mu'ammar Gheddafi sono responsabili di una campagna di sparizioni forzate destinata a stroncare l'opposizione crescente al suo governo.
Il documento descrive una trentina di casi di persone scomparse dall'inizio delle proteste, tra attivisti politici, sospetti ribelli o presunti simpatizzanti di questi ultimi.
"A quanto pare, è in vigore una politica sistematica di arrestare chiunque sia sospettato di opporsi al colonnello Gheddafi, trattenerlo in incommunicado e trasferirlo nell'ovest del paese, ancora sotto il suo controllo. Date le circostanze in cui si sono verificate queste sparizioni forzate, vi sono tutte le ragioni per ritenere che le persone che ne sono vittime corrano seri rischi di subire torture e maltrattamenti" - ha dichiarato Malcolm Smart, direttore del Programma Medio Oriente e l'Africa del Nord di Amnesty International. "Il colonnello Gheddafi deve porre fine a questa vergognosa campagna e a ordinare alle sue forze di rispettare il diritto internazionale".
Le sparizioni sono iniziate persino prima che le proteste contro il colonnello Gheddafi si trasformassero in rivolta armata.
Atef 'Abd al-Qader al-Atrash, un noto blogger padre di due bambini, è stato visto l'ultima volta mentre partecipava a una riunione nei pressi del porto di Bengasi, il 17 febbraio. Si ritiene sia stato portato via dalle forze di sicurezza. "Abbiamo provato a chiamarlo al telefono ma ha sempre squillato a vuoto" - ha dichiarato un parente ad Amnesty International - "fino a quando pochi giorni dopo un uomo dall'accento [della Libia] occidentale ha risposto dicendo 'Ecco quello che succede a chi ci tira i sassi'. Ma Atef non ha mai tirato i sassi a nessuno".
Dopo che i ribelli hanno preso il controllo di Bengasi, nel corso del ritiro le forze pro-Gheddafi pare abbiano arrestato alcuni manifestanti, compresi bambini. Amnesty International ha documentato una serie di casi di persone viste per l'ultima volta all'interno o nei pressi del complesso militare di Kateeba al-Fadheel il 20 febbraio.
Un parente di Hassan Mohammad al-Qata'ni, un alunno di 14 anni, ha raccontato ad Amnesty International: "Non dormo più da quando è scomparso, nessuno nella nostra famiglia dorme più, siamo terrorizzati. È solo un ragazzino, non sappiamo che fare, dove cercarlo, a chi chiedere aiuto".
Via via che il conflitto si sviluppava, le sparizioni sono proseguite. Di alcune persone si sono perse le tracce a Ben Jawad o nei dintorni, lungo la linea del fronte. Si ritiene che alcuni fossero guerriglieri, altri solamente civili arrivati nella zona per curare i feriti, altri erano semplicemente passanti.
Una fonte ha dichiarato ad Amnesty International che un suo familiare è stato fatto prigioniero dalle forze leali al colonnello Gheddafi il 6 marzo a Ben Jawad. Da una telefonata ricevuta, ha saputo che il parente era stato poi portato via, insieme a decine di altre persone, verso il complesso militare di Kateeba al-Sa'idi nella città di Sirte. In seguito, un fratello del detenuto ha ricevuto una telefonata, dal cellulare di quest'ultimo, in cui soldati fedeli al colonnello Gheddafi minacciavano di farlo fuori "insieme alla tua famiglia, a tua madre e ai tuoi fratelli".
Amnesty International ha chiesto al colonnello Gheddafi e alle forze a lui vicine di consentire subito visite di organismi indipendenti ai detenuti, in modo da accertarne le condizioni di salute e di proteggerli dalla tortura, nonché di informare urgentemente le loro famiglie circa il luogo di prigionia. L'organizzazione per i diritti umani ha inoltre sollecitato coloro che trattengono i detenuti a garantire che tutti i ribelli, o coloro che sono sospettati di esserlo, siano trattati umanamente secondo quanto prevede il diritto internazionale e sia dato loro immediato accesso al Comitato internazionale della Croce Rossa.
"Il colonnello Gheddafi potrebbe essere giudicato responsabile, in un processo internazionale, di ogni crimine commesso dalle sue forze durante questo conflitto. Chiunque sia detenuto solo per aver sostenuto pacificamente le proteste dev'essere rilasciato immediatamente e poter tornare a casa in condizioni di sicurezza" - ha sottolineato Smart.
Ulteriori informazioni
Il documento diffuso oggi è frutto del lavoro del team di ricerca di Amnesty International nell'est della Libia.
I casi riferiti da Amnesty International si ritiene rappresentino solo una piccola parte del totale delle persone arrestate o scomparse nelle mani delle forze leali al colonnello Gheddafi nelle ultime settimane. Il numero esatto è impossibile da stabilire, poiché di norma le autorità di Tripoli non forniscono informazioni sui detenuti e molte parti del paese non sono accessibili a osservatori indipendenti. Inoltre, alcuni parenti dei detenuti non intendono rendere noti i nomi di questi ultimi per timore di rappresaglie.
I giornalisti stranieri che sono stati arrestati dalle forze pro-Gheddafi hanno riferito di essere stati picchiati, aggrediti e minacciati di morte, in alcuni casi anche di aver subito false esecuzioni. Hanno dichiarato di essere preoccupati per la situazione dei libici, che hanno visto sottoposti a maltrattamenti nel corso della detenzione.
Migliaia di casi irrisolti di sparizioni forzate ed esecuzioni extragiudiziali hanno contrassegnato la leadership del colonnello Gheddafi.