L'emergenza a Lampedusa è un'occasione unica per riconoscerci italiani, europei ed euromediterranei. Andiamo con ordine.
Italiani. Ieri a Lampedusa si aveva sete. Oggi si ha fame. Per rispondere all'emergenza è inutile tardare la riallocazione dei migranti in altri luoghi per scoraggiarne l'arrivo. Finché nelle nostre TV, trasmesse in metà mondo, si vede che da un pacco spuntano centomila euro e le pubblicità, interrotte dai film, sono intrise di auto e case di lusso non v'è alternativa. Le carrette solcheranno i mari. L'occasione è, a 150 anni dall'Unità d'Italia, ad andare oltre la liturgia delle celebrazioni per solidarizzare con la regione più in difficoltà: la Sicilia. Prendiamoci, in ogni ente locale, quota parte dei migranti. L'Italia dei Comuni e delle municipalità conta 8.000 enti locali. Una loro concentrazione in alcuni di essi equivale ad un'insopportabile tensione mentre una distribuzione capillare si può trasformare, per dirla con Napolitano, in forza e freschezza per il paese. Insomma, fatta l'Italia, facciamo nuovi gli italiani.
Europei. La Libia ci mostra tutti i santi giorni quanto si fatichi a riconoscerci europei. Un esercizio di politica estera faticoso ma utile. Altrettanto faticosa è la politica interna. Nonostante i diversi allarmi lanciati dal nostro governo e dalla Conferenza Episcopale l'Europa fa spallucce. Certo. Ha promesso anch'essa cento milioni di euro per fronteggiare l'emergenza. Fatti i conti corrispondono a venti centesimi per ogni cittadino europeo. Insomma, niente. L'assunzione di responsabilità da parte di Bruxelles e la a riallocazione dei giovani migranti nei 27 paesi è un'occasione unica per crederci ancora nell'Europa.
Euromediterranei. Creiamo stabilità oltremare. Non vi sono scorciatoie. Come diverse comunità italiane, supportata dal Consiglio d'Europa, sono riuscite a relazionare con diverse comunità nei Balcani e/o in Caucaso dopo la caduta del muro di Berlino e le guerre fratricide oggi v'è la necessità e l'urgenza di tessere nuove relazioni internazionali affinché si crei stabilità ed opportunità nelal sponda sud del Mediterraneo. Non so quanto sia stato utile, per la coppia Maroni Frattini, dare 150 milioni di euro al governo tunisino per fermare i propri concittadini. Se gli stessi denari fossero utilizzati per sostenere programmi e progetti dal basso della società civile forse a medio termine avremo più opportunità in loco che corrisponde ad un minor esodo.
Come noi, quindi, della sponda nord del mediterraneo possiamo sostenere, in loco, la rivoluzione dei gelsomini, il genius loci, la capacità endogena di ricostruire, a casa propria, il proprio futuro? Alcune idee a diversi livelli:
Mondo. Non speculare sulla fame. la speculazione finanziaria sui beni alimentari di prima necessità è una delle cause, anche se non l'unica, dell'impennata dei prezzi degli alimentari nella borsa di Chicago. Bisogna scoraggiare, anche con tassazioni ad hoc, le speculazioni sul cibo. Se le speculazioni sugli immobili hanno portato all'attuale crisi economica figuriamoci le speculazioni sul pane che ha, da sempre, una domanda forte, costante e quotidiana.
Europa. l'Unione Europea riveda la PAC - Politica Agricola Comune e l'effetto dumping nei confronti delle esportazioni dei prodotti agricoli dei paesi della sponda sud del mediterraneo. In qualità di maggior donatore al mondo dei paesi in transizione l'UE deve sostenere le governance di stampo democratico e, quindi, le sane gestioni dei fondi, nazionali o internazionali come raccomandato dal Libro verde elaborato dalla Commissione Europea.
Euromediterraneo. Va creata una comunità euromediterranea vera e non finta, come proposto dalla coppia Sarkozy Mubarak, per abitare lo spazio comune. L'alleanza mediterranea, oggi, deve essere la nuova versione dell'alleanza atlantica di ieri, nata, per l'appunto con il Piano Marshall. Un piano vero e non finto. L'Unione Europea ha promesso di stanziare cento milioni di euro per l'emergenza immigrazione. 20 centesimi per ogni cittadino europeo. Siamo seri.
Italia. Deve riabitare la storia assumendo il ruolo che le spetta nel Mediterraneo. Non può, quindi, tessere relazioni con despoti e dittatori come non può essere tra le ultime dei paesi OSCE in cooperazione internazionale. Non credibile. Perché mai si stupisce se viene lasciata fuori dai summit o cabine di regia? Non può continuare a violare leggi nazionali ed europee vendendo armi non solo a despoti ma anche a democrazie in transizione. Più armamenti significa, semplicemente, più instabilità. Non può continuare a mostrarsi al mondo come il paese di Bengodi fatto di ville, feste e facili costumi. Non tutti, soprattutto i giovanissimi, hanno gli strumenti culturali per discernere. E non sto parlando solo dei giovani oltremare. Anche i nostri.
Insomma, Lampedusa e le diverse crisi del Mediterraneo sono un'occasione unica per rifondare le nostre politiche a diversi livelli. Non sprechiamola.