ROMA - Un percorso educativo indirizzato ai bambini autistici in età prescolare (tra i 18 mesi e i sei anni) basato su un trattamento terapeutico intensivo, che prevede il coinvolgimento e la formazione delle famiglie. È questo l'approccio alla base del modello di intervento sul disturbo dell'autismo (Eibi) del centro " Una breccia nel muro" il primo centro italiano per il trattamento precoce e full immersion dell'autismo, nato a Roma dalla collaborazione tra l'ospedale pediatrico Bambino Gesù e la fondazione Roma solidale e i cui risultati sono stati presentati nel corso di un convegno dal titolo "Bambini e autismo: quale trattamento?".
"Nel Lazio ci sono circa 1400 bambini tra i due e i sei anni affetti da questo disturbo. L'ospedale Bambino Gesù diagnostica circa 20 casi al mese - aggiunge Alberto Zuliani presidente della fondazione Roma solidale -. La domanda terapeutica è crescente, ma la risposta è striminzita e le famiglie sono spesso lasciate sole. Il nostro obiettivo è migliorare la qualità della vita di questi bambini in età prescolare, pensando che poi ci sarà anche un'età scolare e adolescenziale in cui ci saranno nuovi problemi. Per questo uno degli aspetti fondamentali è la formazione delle famiglie nel trattamento". Nel centro si segue un percorso terapeutico con un lavoro degli operatori per oltre 9 ore al giorno. "Il percorso prevede inizialmente tre settimane intensive di lavoro terapeutico sul bambino e di formazione del genitore a questo tipo di intervento per circa 27 ore settimanali - sottolinea Leonardo Fava, psicoterapeuta dell'ospedale Bambino Gesù di Roma e responsabile del progetto - dopodiché il bambino torna per tre settimane nel suo ambiente naturale dove il genitore prosegue l'intervento con la supervisione di professionisti, prima di tornare nel centro per una settimana di rientro e continuare per tutto il corso dell'anno con tre settimane di lavoro a casa e a scuola". Nel suo primo anno di applicazione su 42 bambini di età compresa tra i 18 mesi e i 6 anni, secondo i terapisti, sono stati riscontrati miglioramenti in tutti i casi. "In tutti i bimbi, anche in situazioni di estrema gravità - affermano - è stato infatti rilevato un tangibile miglioramento della capacità di comunicare e di socializzare, di articolare il linguaggio, di reagire agli stimoli esterni".
Anche il presidente dell'ospedale Bambino Gesù, Giuseppe Profiti, sottolinea i risultati incoraggianti dell'esperienza. "Il motivo fondamentale del nostro investimento in questo campo nasce dalla presa di coscienza dell'insufficienza della risposta al bisogno sollevato da questo tipo di disturbi - afferma- . Nel nostro ospedale c'è un afflusso sempre maggiore di pazienti, il 60% dei quali provengono da altre regioni. Con questo trattamento, che si basa sulla precocità della diagnosi, i margini di recupero sono notevoli. Si tratta però solo di una parte di un percorso più lungo e complesso che va integrato con una terapia anche fuori". Durante il convegno è stato posto l'accento anche sulle metodologie non scientificamente provate, che si rivelano spesso inefficaci o addirittura dannose per i pazienti. "L'esperienza di "Una breccia nel muro" ci incoraggia ancor di più a proseguire nel ricorso a trattamenti i cui risultati abbiano solide evidenze scientifiche - aggiunge Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria infantile al Bambino Gesù allertando al contempo i genitori di bimbi con autismo a diffidare di terapie non validate, spesso inefficaci, se non dannose, e inutilmente costose". (ec)