«Le statistiche e le informazioni acquisite dal contatto con i cittadini immigrati continuano a fornirci un dato in aumento dei comportamenti discriminatori e ci confermano che l'azione culturale, educativa e di denuncia non deve cessare». E' quanto affermano le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani nell'occasione della Giornata internazionale contro le discriminazioni razziali. Un appuntamento istituito dall'Onu nel 1967, in memoria dei manifestanti contro l'Apartheid uccisi dalla polizia il 21 marzo del 1960.  

Le Acli gestiscono da 6 anni il contact center dell'Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale (Unar) del Ministero delle Pari Opportunità. «I casi di ingiustizia - spiega Antonio Russo, responsabile dell'immigrazione per le Acli - sono sempre più frequenti, non solo a livello privato. Anche le istituzioni adottano comportamenti discriminatori quando ad esempio impediscono  agli stranieri, che pure da anni risiedono regolarmente in Italia, di accedere a prestazione sociali come i bonus bebè o la social card, ovvero di partecipare ai bandi pubblici per le case popolari. Eppure 5 milioni di immigrati producono l'11,1 per cento del nostro Pil e pagano quasi sette miliardi e mezzo di contributi previdenziali». 

«Ognuno - continua Antonio Russo, commentando la Giornata contro le discriminazioni - è chiamato a fare memoria e a riflettere sulle cause che ancora oggi determinano ingiustificabili pregiudizi, spesso alimentati da ignoranza, paura e intolleranza. L'opera di sensibilizzazione sul tema della interculturalità - nei circoli, nelle parrocchie, nei luoghi di lavoro - richiede da parte nostra sempre maggiore impegno e trova nelle giornate commemorative uno slancio per essere rinnovata

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