In cinquant'anni il centro protesi INAIL è diventato un esempio internazionale nel campo della riabilitazione. Un risultato reso possibile da ingegneri, medici e tecnici della struttura che deve tanto al professor SchmidlVIGORSO DI BUDRIO - In officina, e fa un po' effetto, sono tutti vestiti di bianco. Come i calchi che vengono utilizzati per prendere la misura delle protesi, le pezze di gesso, l'esterno degli invasi. Ci sono i camici bianchi degli ingegneri, quelli dei medici, e le casacche dei tecnici che stanno "in produzione". Oppure basta anche solo una t-shirt candida in questo speciale laboratorio dove il campionario è fatto di mani e piedi, gambe, braccia. Pezzi di ricambio per chi un arto l'ha perso sul lavoro, o in strada per un brutto - e sempre drammatico - incidente.
Il centro INAIL di Vigorso di Budrio, una trentina di chilometri da Bologna, fiore all'occhiello della protesica nazionale, compie cinquant'anni. E li dimostra tutti. Nel segno di Johannes Schmidl. La targa che ricorda il professor Johannes Schmidl, il primo direttore, è in bella vista nell'ala nuova della struttura. Nato in Austria, a Graz, classe 1932, Schmidl arriva a Vigorso da Ostia, e in tanti di quelli che lavorano qui se lo ricordano ancora bene. Resterà fino al 1992, ma le cronache lo immortalano già nel 1961 accanto a Benigno Zaccagnini per l'inaugurazione ufficiale della struttura nata sulle ceneri del vecchio sanatorio di Budrio.
I colleghi che sono cresciuti professionalmente con lui, parlano soprattutto del suo modo di fare deciso e allo stesso tempo rassicurante: "Vedeva un paziente da lontano, e già capiva il suo problema..." raccontano lungo i tortuosi corridoi dell'ex convalescenziario. Premiato con il "Bell grave memorial" per lo sviluppo e la ricerca sulle protesi mioelettriche, l'esperienza del medico austriaco contribuisce velocemente a fare dell'officina ortopedica bolognese una struttura sempre più all'avanguardia nel campo della protesi agli arti inferiori e superiori.
E così cambia anche il pubblico: non solo, come inizialmente era stato progettato, persone bisognose di cure fisioterapiche, ma sempre più - e soprattutto - a Vigorso dagli anni sessanta in poi arrivano infortunati che necessitano di protesi. In media sono 11.500 le persone che per i motivi più diversi arrivano oggi ogni anno nella bassa per "farsi vedere" da qualche esperto del Centro Protesi. Un trattamento integrato che prende in carico il paziente sia dal punto di vista psicologico, che motorio e ambientale.La prima informazione, sempre più mirata e corretta. Chi arriva a Vigorso ha sempre sofferto molto.
Chi arriva qui, ha perso per strada un pezzo della sua vita e vuole fare di tutto per riconquistarla. E cerca delicatezza e serietà. Non tutto è sempre possibile, o almeno non per tutti: per questo è importante che la prima informazione a Vigorso sia corretta e chiara, ricorda Simona Amadesi, che per il Centro protesi è la responsabile della comunicazione: "L'importante è che non si creino false aspettative: serve un'informazione mirata, che sia in grado di indicare quello che realmente la struttura è in grado di offrire. Oggi i pazienti arrivano molto più informati rispetto a un tempo, e Internet è certamente di aiuto. Ma è giusto che l'informazione che ricevono sia corretta. Ed è anche per questo che qui esiste un ufficio dedicato alla comunicazione istituzionale...".Miracoli della tecnica e di un'équipe affiatata. Certo che le protesi, qui a Vigorso, fanno miracoli. Permettono di allacciarsi le scarpe e tirare a golf, cucinare e sfrecciare su una pista di atletica.
Guidare l'auto e lavorare su una macchina tessile. Fare gare di sci e di equitazione. Oppure, "semplicemente", permettono di camminare. O di impugnare una penna. Miracoli della tecnica e della buona volontà di una équipe affiatata, e sempre pronta a imparare cose nuove. A sperimentare nuovi materiali, a mettersi in gioco.
Chi arriva a Vigorso, e lo vedi nelle facce dei pazienti in attesa nella hall della struttura, ha grandi attese. E non solo loro, perché ad accompagnarli ci sono sempre moglie, mariti, figli, fidanzati, parenti e amici. A Vigorso ci si va in gruppo, sia perché è utile avere un aiuto concreto per spostarsi e cambiarsi e provare e riprovare, ma come il dolore - se si può - va equamente suddiviso, anche la gioia dei primi passi, quelli della rinascita, della ripartenza da Budrio verso una nuova vita ha bisogno di condivisione. Funzionalità ed estetica, ogni protesi è un "gioiello". A Vigorso in prima fila, quasi come un avamposto, ci sono sempre gli ingegneri. Gennaro Verni, è il direttore tecnico produzione e ricerca.
Quando prende tra la dita una mano artificiale, una qualsiasi, la muove come se stesse mostrando un gioiello. E in effetti, quell'arto talmente uguale all'originale da non sembrare un copia, è un rubino dell'alta tecnologia. Dove l'estetica, la cosmesi, è solo una componente, mentre sempre di più è la funzionalità a stupire, il movimento che riesce a produrre: allacciarsi le scarpe con una protesi alla mano può sembrare un gioco da ragazzi ma richiede allenamento, fatica, ricerca e, sì, un bel po' di soldi investiti. Quando passa in rassegna i reparti, si muove come un buon padre di famiglia: le braccia, le gambe, le dita, le scarpe ortopediche, sono il suo tesoro, la sua fortuna, e quella di migliaia di persone che sono passate di lì. E che vanno periodicamente a sistemare le loro protesi, i loro salva-vita. Macchine delicatissime e - da ricordare - sempre da tenere lontano dall'acqua.
A meno che non si scelga di indossare delle protesi anfibie (belle e colorate...). Ma questo è un altro discorso.Dai campioni dello sport alle vittime di guerra, tante vite ripartono da Vigorso. Tra tecnici, medici, fisioterapisti, psicologi e assistenti sociali, infermieri e addetti all'assistenza e alle pulizie, in tutto oggi fanno 308 persone all'INAIL di Vigorso, di cui ben 173 "in produzione". Sta qui il cuore del centro, in quelle bianche officine dove nascono mani e piedi artificiali, arti sensorizzati, a comando mioelettrico, a controllo proporzionale della presa. Qui è venuto il pilota di Formula uno Alex Zanardi a farsi fare le protesi dopo il suo drammatico incidente del 2001, qui sono venuti nel 1996 Aladin e Sanja, due piccole vittime della guerra nell'ex-Jugoslavia.
Con loro decine e decine di vittime civili dei conflitti da tutto il mondo, migliaia di infortunati della strada e del lavoro o amputati per malattia. Per questo il dolore a Vigorso è di casa, ma si vede poco. Chi vuole può però andare a scambiare due parole con don Giancarlo, il cappellano, sacerdote dehoniano, che dal '98 cura le anime del centro protesi e in generale di tutta la frazione di Vigorso, visto che la cappella (ma è in fondo una piccola chiesa) sistemata all'interno del complesso del centro INAIL è di fatto la parrocchia della zona, dopo che la chiesa di San Marco è stata dichiarata inaccessibile.
E' qui che don Giancarlo custodisce il suo, di gioiello: un Malamini-Franchini che "da un prezioso nucleo di materiale del tardo cinquecento, giunge all'opera datata 1861 del bolognese...". Un fantastico organo a canne, prima custodito nella chiesa di San Marco, di cui l'INAIL ha curato recentemente il restauro. "Viene ridata voce, una voce inconfondibile per intensità e maestosità, a uno strumento prezioso che lungo la sua secolare esistenza si è arricchito di vari interventi.
Un grazie sincero a tutti coloro che hanno creduto a questo progetto di restauro e con paziente tenacia hanno contribuito a realizzarlo" scrive entusiasta nel libretto che pubblicizza l'intervento. La stessa tenacia che usano i suoi parrocchiani per arrivare, magari dopo una dolorosa operazione, a sedersi sulle panche della sua chiesa: "Passo da tutti i ricoverati almeno due volte alla settimana - racconta -. Faccio la messa qui al centro protesi, la domenica viene tutto il paese...". INAIL, un marchio di garanzia "made in Vigorso". Il dottor Duccio Orlandini, è il direttore sanitario. Una vecchia foto d'archivio lo ritrae giovanissimo durante una seduta di magnetoterapia, oggi è il responsabile medico della struttura.
Si occupa in generale di tutta la riabilitazione del paziente amputato, ed è sotto la sua responsabilità che è cresciuto il laboratorio dove si sperimentano le abilità, dove si impara ad accendere il fornello del gas o a fare un nodo, a infilare una chiave o a impugnare un coltello da cucina. Tutto con indosso una protesi di arto superiore made in Vigorso. E sempre sotto la sua direzione si è sviluppata la palestra, altra branca della riabilitazione del posto. Un marchio di garanzia che nasce da un mix tra artigianato e ricerca.
In cinquant'anni sono cambiate le tecnologie e i materiali, ma non è cambiato lo spirito di questa grande officina che oggi primeggia nel mondo degli ausili e delle protesi per le persone disabili. Dove si può imparare a guidare l'auto con le patenti speciali, si viene accompagnati nel percorso di recupero e nel ritorno a casa. Perché Vigorso è solo una tappa nella vita di tante persone, una tappa importante ma da lasciare alle spalle il prima possibile. E quando si torna a casa, c'è tutto da ricominciare.
Anche per questo il centro protesi INAIL ha un progetto, un gruppo di lavoro per "la reale integrazione nel proprio contesto sociale e il naturale recupero di una vita di relazione autonoma, il più possibile svincolata da situazioni di dipendenza". Da sola, insomma, una protesi non basta.(Mauro Sarti/Fonte Superabile)