La rivolta, iniziata in Tunisia, le inquietudini che si sono manifestate praticamente in molti Paesi, dal piccolo Gibuti nel Corno d'Africa fino allo Yemen e perfino all'Arabia Saudita, non si spiegano solo con la povertà, la disoccupazione, la corruzione o la crisi culturale del mondo islamico, elementi pure presenti in varia misura.
Ma, associandoci alle parole pronunciate dal
presidente della Cei Cardinal Bagnasco, riteniamo che: «Quando un popolo viene oppresso per troppo tempo da un regime che non rispetta i diritti umani, prima o poi scoppia». Si fa dunque concreto il rischio di una catastrofe umanitaria con migliaia di sfollati interni, rifugiati e richiedenti asilo che si potrebbero riversare in tutto il Nord Africa e nella sponda nord del Mediterraneo.
La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, condividendo l'apprensione del Santo Padre Benedetto XVI per le «tensioni che, in questi giorni, si registrano in diversi paesi dell'Africa e dell'Asia», per il 13 marzo, prima domenica di Quaresima, ha invitato tutte le comunità parrocchiali, le comunità religiose, le associazioni, i gruppi e i movimenti ecclesiali ad un particolare ricordo nella preghiera.
NEI PAESI DEL NORD AFRICA
Le Caritas di Tunisia e di Egitto moltiplicano sforzi. Dalla Libia arrivano i ripetuti appelli di S.E. Mons. Giovanni Martinelli, vescovo di Tripoli: «Il popolo libico non si merita altra violenza... La comunità internazionale deve usare tutti i mezzi pacifici per facilitare una transizione senza nuove vittime».
Dall'aeroporto di Tripoli, che rimane aperto, partono continuamente aerei che trasportano lavoratori stranieri nella loro patria di origine (egiziani, nigeriani, sudanesi...).
Vi è l'ammirevole esempio del personale sanitario, in particolare filippino, che ha deciso di restare per aiutare la popolazione.
Questo atteggiamento è condiviso dalle religiose presenti nel Paese, circa 40, tutte impegnate, e da molti anni, come assistenti/infermiere negli ospedali e nelle istituzioni per disabili e per persone anziane. Anche i sacerdoti sono tutti rimasti sul posto.
A Bengasi continua l'assistenza ai rifugiati eritrei, come pure di altre nazionalità; ora sono circa 2.500, a cui si stanno aggiungendo etiopi e somali. Sono ancora attivi a Sebha, nel sud, in pieno deserto libico, cinque posti di accoglienza per gli africani in transito. La situazione in Libia resta molto preoccupante, mentre è in corso la controffensiva governativa.
A LIVELLO INTERNAZIONALE
Caritas Italiana segue in particolare l'evolversi della situazione in Libia per facilitare appena possibile i primi interventi su entrambe le sponde del Mediterraneo. Resta in costante contatto con le Caritas dei Paesi coinvolti in questi eventi. È anche in stretto collegamento con Caritas Internationalis, che ha organizzato:
- due missioni, rispettivamente al confine libico-tunisino e a quello libico egiziano, per verificare la situazione dei profughi affluiti in numeri consistenti negli ultimi 10 giorni.
- il Policy and Legal Task Team, un gruppo di lavoro internazionale per supportare coloro che operano sul campo. Tra i membri c'è anche Caritas Italiana.
I recenti nuovi sbarchi hanno portato il numero dei migranti sull'isola a quasi 3.000 presenze.
Si tratta evidentemente di una situazione difficile per l'accoglienza sull'isola, anche perché i trasferimenti procedono a rilento.
La Questura ha chiesto alla parrocchia di Lampedusa di mettere a disposizione nuovamente la Casa della Fraternità, poiché il centro di contrada Imbriacola è sovraffollato. Dunque al momento nella Casa della Fraternità ci sono circa 200 ospiti sistemati in modo precario e controllati dai carabinieri.
La Caritas di Agrigento, con il sostegno di Caritas Italiana, da lunedì 21 marzo garantirà un presidio fisso a Lampedusa con un'operatrice che si dividerà tra il centro di prima accoglienza e la popolazione dell'isola in un'opera di mediazione che appare sempre più necessaria anche a seguito dell'acuirsi dei malumori da parte dei lampedusani.
Circa la questione accoglienza dei nuovi arrivati rimane ferma la situazione di Mineo nel senso che ancora non si è proceduto a trasferire nessuno dai Cara governativi. Anzi, al momento, stanno avvenendo i trasferimenti da Lampedusa direttamente verso i Cara, come nel caso di Crotone.
Peraltro questa situazione induce molti dei nuovi ospiti degli stessi Cara a lasciare nottetempo i centri per dirigersi verso il confine francese, dove però le autorità transalpine li intercettano e li rispediscono verso l'Italia.
Infine il 14 marzo è giunto a Crotone un altro gruppo di eritrei evacuati dalla Libia grazie alla collaborazione fra la Chiesa libica e il governo italiano che ha proceduto materialmente al trasferimento. Anche in questo caso si tratta soprattutto di nuclei familiari.
A LIVELLO LOCALE
Caritas Italiana ha terminato il censimento delle strutture che le Caritas diocesane hanno messo a disposizione per far fronte ad un eventuale afflusso straordinario di migranti. Ad oggi sono stati individuati poco più di 2.400 postiin 93 diocesi. Il loro effettivo utilizzo dovrà essere concordato nei modi e nei tempi con il Ministero dell'Interno.
Caritas Italiana e le Caritas diocesane, mentre auspicano che tutti gli strumenti diplomatici vengano messi in atto perché il massacro si fermi, e possano affermarsi governi democratici capaci di venire incontro alle legittime aspirazioni delle popolazioni locali di libertà e rispetto dei diritti, si preparano ad affrontare un'emergenza che l'Europa dovrà condividere. Nella consapevolezza che - unendo le forze e condividendo l'esperienza maturata in questi anni - saranno poi chiamate ad un successivo, impegnativo lavoro di ricostruzione che si dovrà affrontare in tutto il Nord Africa.