La questione immigrazione preoccupa ancora oltre un italiano su due (55,1 per cento) e viene al terzo posto dopo disoccupazione e criminalità tra i timori dei cittadini del Bel Paese. Dall'altro lato però emerge un'alta disponibilità a condividere con chi non è italiano la propria vita (dal vicinato alla scuola) e il riconoscimento dell'importante ruolo svolto in ambito economico.

In occasione della settimana contro il razzismo, che si concluderà il 21 marzo con la Giornata Mondiale contro le discriminazioni razziali, la Fondazione Leone Moressa ha rivolto alcune domande a 600 italiani per sondare il loro grado di apertura verso gli immigrati presenti nel territorio, sia dal punto di vista economico che socio-culturale.

Il dibattito attuale continua ad essere animato dalla questione immigrazione: dopo disoccupazione e criminalità, la presenza straniera in Italia desta infatti le maggiori preoccupazioni tra gli italiani. Il 55,1% degli intervistati ritiene molto o abbastanza preoccupante il fenomeno dell'immigrazione. In particolare, sono i cittadini più "anziani" ad esprimere la maggiori riserve in merito (quasi sei su dieci). Al contrario, i giovani sembrano essere meno preoccupati (48,3%) e temono di più la disoccupazione e dimostrano una maggiore sensibilità rispetto alle questioni ambientali.

Rispetto alla componente straniera nella società e nel mercato del lavoro, gli immigrati sono considerati nella maggior parte dei casi sia una risorsa che un problema (49,7%). Una risorsa in quanto indispensabili per occupare delle posizioni lavorative che gli italiani difficilmente accettano (anche in periodo di crisi),  perché contribuiscono a sostenere il sistema di welfare e ad accrescere la ricchezza del nostro Paese (secondo le stime di Centro Studi Unioncamere e Istituto Tagliacarne dal lavoro degli stranieri deriva l'11,1% del valore aggiunto nazionale). La diversità etnica diventa un problema (32,5%) per gli italiani che ritengono che gli immigrati assorbano più risorse economiche di quante ne destinino alla finanza pubblica o quando sono considerati una minaccia all'ordine pubblico.

Secondo gli intervistati, episodi di discriminazione nei confronti degli immigrati continuano a persistere e nel tempo sembrano essere addirittura aumentati. In particolare, al Nord e nel Centro sono più avvertiti rispetto alle aree del meridione, ma è proprio nel Sud che tale tendenza sembra essere in aumento.

Istruzione, assistenza sanitaria e lavoro sono le condizioni che secondo gli italiani dovrebbero essere garantite agli immigrati per incentivare e sostenere il processo di integrazione. Alloggio, ricongiungimento familiare, sostegno economico e libertà di culto sono ritenuti invece fattori secondari.

Alcuni elementi consentono, tuttavia, di ipotizzare un certo grado di apertura nei confronti degli stranieri, sia dal punto di vista lavorativo, che sociale. Gli intervistati infatti non avrebbero alcun problema a lavorare insieme ad uno straniero, né tanto meno a iscrivere i propri figli in una classe dove vi sono il 20% di alunni stranieri. Si accetterebbe volentieri anche di avere un vicino di casa immigrato, sono più reticenti invece ad affittare agli stranieri locali commerciali o appartamenti privati.

In generale, gli intervistati sono molto d'accordo nell'affermare che gli stranieri occupano quelle posizioni lavorative che gli italiani ormai rifiutano e che rappresentano comunque una forza lavoro valida. La questione che gli stranieri tolgono lavoro agli italiani o che sono la causa principale dei problemi di sicurezza e di ordine pubblico è infatti smentita dalla metà degli intervistati, dimostrando come le solite affermazioni sulla presenza straniera in Italia sono per lo più dei luoghi comuni.

"La presenza sempre più capillare degli stranieri nel sistema sociale ed economico italiano - affermano i ricercatori della Fondazione Leone Moressa - influisce sul livello di percezione dei cittadini, che valutano il fenomeno migratorio ancora come un problema, più che come una risorsa. Tuttavia, il rapporto che gli italiani hanno con la componente straniera è duplice: se da un lato considerano gli immigrati la causa dei problemi di sicurezza, dall'altro accettano di buon occhio la convivenza lavorativa e sociale. Probabilmente quando l'"immigrato" non è un oggetto astratto di discussione pubblica, ma un soggetto che entra a far parte della convivenza pratica e quotidiana - perché vicino di casa, collega di lavoro o compagno di scuola - allora le cose cambiano e così la percezione, dimostrando come gli italiani si scoprono "inclusivi" nell'esperienza quotidiana. La discussione pubblica è senz'altro utile e necessaria, ma la sfida dell'integrazione si vince sul campo, creando un sistema nel quale le diverse culture possano dialogare e confrontarsi nell'esperienza di tutti i giorni nel rispetto delle regole, garantendo parità di trattamento e il rispetto dei diritti fondamentali, affinché la diversità sia considerata un valore più che un freno allo sviluppo - anche economico - del Paese."

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