L'Arci: "la situazione è peggiore di quanto potessimo immaginare
L'unica soluzione è chiudere subito il Centro"
La visita fa parte della missione di monitoraggio dei centri di detenzione promossa dalla Rete Migreurop, che durerà fino al 31 marzo e si svolgerà in Bulgaria, Spagna, Belgio, Germania, Francia, Mauritania e Italia

Si è svolta l'11 marzo al Cie di Via Corelli a Milano la prima delle visite nei centri italiani programmate dalla missione promossa dalla Rete Migreurop.
Alla visita era presente anche un esponente dell'Arci, che ha potuto parlare con alcuni dei detenuti, oltre a constatare di persona le condizioni di violazione dei diritti e di assoluto degrado cui sono costretti.
All'interno del centro sono presenti 108 uomini e 15 trans. 6 persone risultano di nazionalità romena e già questo pone un primo inquietante interrogativo visto che si tratta di cittadini comunitari per i quali non è prevista la detenzione nei Cie. Le richieste di ulteriori informazioni su nazionalità e status giuridico dei detenuti sono cadute nel vuoto. Questo pone un gigantesco problema di trasparenza, che è la prima condizione da garantire in tutti i centri.
Molti i tunisini presenti, che hanno denunciato l'impossibilità di presentare richiesta d'asilo nonostante le ripetute richieste.
I detenuti incontrati hanno raccontato che all'ingresso nel centro vengono privati del cellulare. Le uniche comunicazioni con l'esterno sono quindi affidate all'uso dei telefoni pubblici (due per camerata), spesso malfunzionanti e utilizzabili attraverso una scheda che viene fornita caricata per soli 15 euro. L'unica altra concessione è un bonus economico di 5 euro ogni due giorni.
La procedura per le visite è assolutamente macchinosa, e dall'inoltro della domanda scritta alla risposta possono passare anche più di sei giorni.
Le condizioni igieniche sono pessime, come la delegazione ha potuto constatare.
Ma ciò che più colpisce è la denuncia dei continui maltrattamenti subiti. Si respira un'aria pesante, la sensazione è di trovarsi in un luogo in cui lo stato di diritto è sospeso, tutto può accadere e chi ha la disgrazia di trovarsi chiuso lì dentro è completamente in balia degli eventi.
La conclusione non può essere che una: via Corelli va chiuso, i diritti ripristinati.

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