Un anno pieno di contraddizioni. Così Amnesty International nel suo rapporto annuale ha definito il 2005 quando la parola d'ordine è diritti umani. Ai segnali di speranza di una maggiore attenzione di tutto il mondo sui diritti dell'umanità rispondono gli inganni e le false promesse delle grandi potenze, si legge nel rapporto. In particolare, Amnesty rileva come la questione della sicurezza abbia sviato le energie dalle gravi crisi in tutto il mondo, dilapidando risorse pubbliche e chiudendo gli occhi di fronte a violazioni su scala massiccia. Dalla "flebile" azione delle Nazioni Unite nel Darfur, all'Iraq «sprofondato in un vortice di violenza settaria», a Israele e Palestina «scomparsi dall'agenda internazionale». «Il terrorismo dei gruppi armati è ingiustificabile, i responsabili devono essere portati di fronte alla giustizia non con la tortura e le detenzioni segrete, ma attraverso processi equi» si legge nell'indagine. Eppure da registrare secondo l'organizzazione internazionale, sono anche dei passi avanti: la Corte penale mondiale ha emesso i primi mandati d'arresto in Uganda per crimini contro l'umanità e per gli stessi crimini sono spiccati mandati di cattura anche per Pinochet e Fujimori. La massima corte britannica, poi, ha rigettato il proposito del governo londinese di usare nel processo prove estorte con la tortura mentre in Europa si sono aperte inchieste sul coinvolgimento del vecchio continente nella vicenda Usa delle "consegne" illegittime di prigionieri a governi di paesi dove avrebbero rischiato diversi abusi. Anche se , rivela Amnesty, anche in questi casi alcuni governi hanno cercato il modo di aggirare i propri obblighi. «L'uso di doppi standard di giustizia da parte di grandi potenze è pericoloso - sostiene l'associazione - perché indebolisce la capacità della comunità internazionale di affrontare gravi crisi dei diritti umani nel mondo, in quei paesi dove vigono conflitti e questo consente agli autori delle violazioni non solo di reiterarle ma anche di rimanerne impuniti». La nota positiva, registrata in un anno di monitoraggio della situazione mondiale complessiva, viene invece dall'opinione pubblica. È emerso, dicono da Amnesty, un mutamento dello stato d'animo collettivo capace di creare una certa pressione emergente da usare sapientemente per «trasformare l'attuale irresponsabilità internazionale in azione concreta a favore dei diritti umani». Ecco perché l'associazione non si risparmia e chiede alla comunità del mondo di affrontare i conflitti come quello del Darfur, regolamentare il commercio delle armi, chiudere le prigioni del terrore e dimenticare la tortura e per finire, insistere nel pretendere gli stessi standard di rispetto dei diritti umani da parte di tutti i governi. «Bisogna smettere di giocare con i diritti dell'umanità», chiudono.

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