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Le donne sono tutt'ora le più discriminate nell'accesso al lavoro, nel trattamento contrattuale e nei percorsi di carriera». Ma la loro aspirazione a «partecipare e lavorare per il bene del Paese, malgrado gli ostacoli e i modelli fuorvianti proposti dalla tv, non è ancora sopita».
In un
documento elaborato per la ricorrenza dell'8 marzo - "
Le donne al lavoro per l'Italia" -, le donne delle Acli denunciano «le difficoltà ancora esistenti», ma rivendicano con orgoglio i «benefici» della partecipazione femminile al mondo del lavoro «per l'intera comunità nazionale». Benefici economici, sociali e soprattutto di «progresso civile», a partire dal «
contributo decisivo che le donne hanno dato alla nascita e all'affermazione dell'Italia unita e democratica».
Nell'anno delle celebrazioni del
150° anniversario dell'Unità d'Italia, il
Coordinamento Donne delle Associazioni cristiani dei lavoratori italiani ricorda i nomi di due figure femminili che hanno fatto la storia d'Italia, in particolare nel momento della sua rinascita democratica, dopo la seconda guerra mondiale:
Maria Federici Agamben, a lungo delegata nazionale delle Acli, tra le 21 donne elette all'Assemblea Costituente e poi alla Camera dei Deputati.
Tina Anselmi, oggi 84enne, primo ministro donna, a cui si deve anche la prima legge sulle Pari Opportunità del nostro Paese.
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Il lavoro è fondamento dell'esperienza democratica» scrivono le Acli, «strumento di partecipazione e emancipazione sociale», «specie per le donne». «La mancanza di lavoro femminile è causa di povertà, non solo economica, per le donne, ma ancor più è motivo di
impoverimento economico, culturale e civile per tutta la collettività».
Il lavoro delle donne - conclude il documento - compreso «il prezioso lavoro svolto da sempre dalle donne nel sociale» e «i molteplici lavori che le donne svolgono sia in casa che fuori» -
migliora e "trasforma" tutta la società, «modificando l'organizzazione sociale e del lavoro rendendola più rispettosa delle esigenze delle persone, della società, dell'ambiente».