Un piano nazionale per il rilancio dei mestieri e della formazione professionale. E' quanto serve all'Italia per fronteggiare l'emergenza della disoccupazione giovanile, evidenziata ancora una volta dai dati Istat diffusi oggi con riferimento al primo mese dell'anno. A sostenerlo è il responsabile del dipartimento lavoro della Acli, Maurizio Drezzadore.

«Bisogna andare oltre le chiavi di lettura congiunturali» afferma Drezzadore. «L'Istat ci ha abituati alle contraddizioni più stridenti: ripresa senza crescita dell'occupazione, aumento della disoccupazione giovanile, aumento degli occupati tra gli immigrati, profili professionali ricercati e non trovati in particolare nelle piccole imprese». «Non bastano, allora, le sole misure economiche. La sfida è culturale e educativa» spiega il responsabile lavoro delle Acli: «Bisogna decidersi a superare ogni barriera e diffidenza verso quella quota ancora consistente nel nostro sistema economico di lavoro manuale, che non può più essere disdegnata dai giovani e che può rappresentare nel breve periodo il terreno per invertire la tendenza alla crescente disoccupazione».  

«Oltre ad incentivi, credito d'imposta e rilancio dell'apprendistato è perciò necessario dare un nuovo baricentro alla scuola e rafforzare l'istruzione tecnica e la formazione professionale che possono essere il vero volano per sconfiggere la piaga della disoccupazione giovanile». «Il Governo - insiste Drezzadore - dia vita ad un piano nazionale che partendo dai mestieri artigiani, che rischiano di scomparire, punti a costruire un percorso educativo e un inserimento lavorativo per migliaia di giovani che potrebbero trovare lavori e redditi soddisfacenti. L'artigianato e la formazione professionale costruiscano un patto per far fronte a questa sfida».

«Analogamente - conclude - si deve fare per tutta la gamma di servizi rivolti alla persona, che richiedono una sempre più diffusa presenza nei territori, anche in conseguenza dell'aumento dell'età della popolazione. Anche in questo settore, serve un piano di riqualificazione degli operatori, per dare maggiore dignità e più adeguati riconoscimenti economici a questi servizi, incoraggiando i giovani a intraprendere questi lavori di grande utilità sociale che non possono essere lasciati all'esclusivo appannaggio dei flussi  migratori». 

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