La rivolta partita dalla Tunisia e dall'Egitto si sta estendendo ben oltre la riva sud del Mediterraneo. Era largamente prevedibile che la situazione determinatasi in quei paesi - a cui guardiamo con grande interesse - avrebbe prodotto anche movimenti di persone. Per anni abbiamo assistito alla chiusura delle frontiere e alla loro esternalizzazione in base ad accordi stretti dall'Europa e dal governo italiano con molti di quei regimi.
Alla prima prova, quella degli sbarchi di alcune migliaia di persone, l'Italia non si è dimostrata capace di fornire risposte efficaci e tempestive. Per giorni i migranti sono stati abbandonati a se stessi, addirittura costretti, le prime tre notti, a dormire per strada per la mancata riapertura del centro di Lampedusa, senza che il governo individuasse soluzioni rispetto all'accoglienza e allo status giuridico da riconoscergli.
Adesso la risposta non può essere rappresentata dal rafforzamento dei pattugliamenti e da un crescente protagonismo dell'agenzia Frontex.
Due cose vanno fatte con urgenza.
La prima è assicurare un accoglienza dignitosa a tutti. Il nostro paese non può continuare a gestire gli sbarchi di questi giorni con le sparate demagogiche, l'improvvisazione, la confusione e la superficialità. La soluzione deve essere una accoglienza diffusa e per piccoli gruppi, sulla scorta dell'esperienza della rete SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) e non un mega ghetto costoso (che aiuterebbe soltanto un imprenditore privato a recuperare il buco di un affare andato male), in contrasto a quanto prevede peraltro la legge se, come dichiarato dal Ministro Maroni, l'intenzione è quella di svuotare i grandi centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) e trasferire tutti i rifugiati nel villaggio vicino Catania.
La seconda decisione che va presa subito riguarda il nostro Governo ma anche l'intera Ue. La condizione di chi fugge da un paese nel quale c'è instabilità e insicurezza non è, salvo casi particolari da vagliare singolarmente, quella del rifugiato o del titolare di protezione internazionale. Esiste una figura giuridica, prevista da una Direttiva europea recepita dalla nostra legislazione, che è quella della ?protezione temporanea'. Tale tipo di protezione è dunque obbligatoria, oltre ad essere la più adatta, per situazioni come quelle di cui parliamo. Chi ne usufruisce ha diritto al rilascio di un permesso di soggiorno e non si vede preclusa la possibilità di presentare successivamente istanza per il riconoscimento della protezione internazionale.
Purtroppo l'opzione che sembra invece prevalere è quella di sottrarsi cinicamente alle proprie responsabilità, magari ?non ostacolando' la fuga dei tunisini verso la Francia, come già hanno fatto circa un terzo degli sbarcati.
Sarebbe una risposta ingiusta e miope nei confronti di una generazione che, in patria o fuori dai suoi confini, sta cercando di riprendere nella mani il proprio futuro.
In allegato, un articolo su Lampedusa di Filippo Miraglia, responsabile immigrazione Arci

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