MILANO - C'è chi la chiama con spregio "tv del dolore", chi preferisce celarsi sotto la dicitura della "televisione verità". Di certo portare le sofferenze delle persone davanti allo schermo divide sempre pubblico e critica. E l'ultimo episodio della serie, l'intervista a Francesco Nuti di Barbara D'Urso nella trasmissione "Stasera che sera!" ha portato con sé una scia di polemiche, che hanno contribuito alla chiusura del programma già penalizzato da ascolti molto bassi. A tre settimane dalla messa in onda della puntata l'Osservatorio nazionale sulla Comunicazione e la Disabilità, promosso dalla Fondazione dell'Università Iulm di Milano, ha diffuso i dati di un instant poll svolto nei giorni seguenti la trasmissione. Una ricerca nata dalla volontà di misurare le reazioni del pubblico rispetto alle modalità di rappresentazione della disabilità nei media. La ricerca è stata svolta attraverso la somministrazione di un questionario on line anonimo di 7 domande, a risposta singola e multipla, compilabile direttamente tramite web. Il questionario è rimasto on line da lunedì 24 gennaio a domenica 30 gennaio ed è stato compilato da 284 persone.
Secondo i dati il 39% dei partecipanti ha visto l'intervista durante la sua emissione. Di questi la maggioranza (44,4%) l'ha seguita integralmente mentre il 30,6% ha cambiato canale dopo meno di 5 minuti. Chi invece non ha avuto modo di vedere in diretta l'intervento di Francesco Nuti ne ha sentito parlare e si è informato nei giorni seguenti principalmente tramite web (30,8%). Più del 57% di chi non ha visto l'intervista in tv ne ha comunque sentito parlare o si è informato a riguardo. Entrando maggiormente nei contenuti e nelle reazioni provocate, il 61,5% non ritiene corretto aver invitato Nuti alla trasmissione. Un dato che deve essere analizzato sia rispetto alla cattiva gestione della sua presenza (testimoniata dalla risposta sulla qualità della conduzione che è stata considerata negativa nel 79% delle risposte) sia nell'opportunità di far intervenire in quel contesto e con quelle modalità un personaggio nella condizione di Francesco Nuti. Quello che infatti appare dalle risposte è che le principali emozioni provocate nei telespettatori e in chi ha seguito la vicenda sono (in queste domande era consentita la risposta multipla max 2 risposte) la compassione e la malinconia (entrambe al 28, 6%), il fastidio (26,7%) e la partecipazione al dolore (25,7%). La rappresentazione fondata su una comunicazione fortemente emotiva e compassionevole ha coinvolto la maggior parte delle risposte (60,5%). Il giudizio finale degli intervistati sulla partecipazione dell'attore alla trasmissione è quindi negativo, legato alla sua condizione di difficoltà al fine di aumentare l'audience del programma e della spettacolarizzazione della sua condizione. Sommando i risultati delle due risposte si raggiunge quasi l'80% (spettacolarizzazione del dolore, sfruttare la presenza di un personaggio disabile per aumentare l'audience). Risulta ancora limitata la percentuale di messaggi ritenuti positivi dai soggetti intervistati sulla disabilità o corretti spunti di informazione e di analisi del tema.
"Ancora una volta - sostiene Maurizio Trezzi coordinatore dell'Osservatorio sulla Comunicazione e la Disabilità - si è persa un'occasione per portare in un prime time televisivo una nuova rappresentazione delle persone disabili che da un lato non li utilizzi come espedienti per alzare l'audience e, dall'altro, racconti e spieghi in maniera giornalistica, cronicistica e oggettiva la loro condizione perché questa diventi argomento di approfondimento e riflessione sulla tematica non basata esclusivamente sulla drammaticità e la pietà". Elementi che non sono più quelli che andrebbero utilizzati in questo tipo di trasmissioni e di programmi. "Quelle che è mancato, come si rileva dalle riposte fornite al questionario - commenta Vincenzo Russo, direttore scientifico dell'Osservatorio - è una gestione dell'intervento maggiormente orientata all'esplorazione della realtà della disabilità secondo quanto previsto dalla Convenzione internazionale dei Diritti delle persone con disabilità. Credo che oggi occorra, e i telespettatori evidentemente lo chiedono con più frequenza, centrare maggiormente l'attenzione sul racconto, sull'esperienza vissuta dalla singola persona con disabilità per arrivare a fornire una rappresentazione che avvenga attraverso il riferimento a casi di vita vissuta, a vicende personali legate alla quotidianità e ai mille piccoli e grandi problemi che hanno le persone con disabilità come tutti, senza che questi siano coinvolti, da un lato su raccolti eccessivamente spettacolarizzati, faccio riferimento al mito del super disabile capace di raggiungere obiettivi inavvicinabili per la maggior parte (come per esempio Oscar Pistorius), oppure snaturati rispetto al loro contesto".