Interverranno alcune tra le maggiori esponenti femminili della società civile asiatica tra cui Chea Vannath (cambogiana, candidata al premio Nobel per la Pace 2005), Kezevino Aram (indiana, direttrice dello Shanti Ashram conosciuto per le buone pratiche in campo ambientale e sociale), Charito Basa (filippina, presidentessa dell'organizzazione di migranti Filipino Women's Council), Meera Bhattarai (nepalese, fondatrice dell'Association Craft Producers, prima organizzazione del commercio equo-solidale) in Nepal. In un momento di grandi cambiamenti del continente asiatico l'attività delle donne per la conquista dei diritti di parità e nell'impegno politico, religioso e sociale è cruciale. Le relatrici testimoniano la vitalità delle donne asiatiche nella lotta per i diritti umani, il ruolo delle religioni per la pace, nei processi di migrazione e nella promozione di una globalizzazione della solidarietà.
L'incontro sarà preceduto dalle 19.30 alle 20.30 dallo spettacolo della compagnia dei monaci tibetani dell'Handong Kamtze, una delle più rinomate compagnie di danza tibetana sacra e folkloristica, con l'intento di condividere il proprio vasto patrimonio culturale con il mondo occidentale. La compagnia, che conta 13 elementi, risiede nel monastero di Sera-je, ricostruito nel sud dell'India.
Repressione, rinascita, rivincita sono le tre parole che raccontano in breve la storia delle quattro donne intervenute alla conferenza internazionale "La Via Asiatica" della World Social Agenda di Civitas, e lo sforzo che stanno compiendo i popoli da esse rappresentate. A partire da Nurjahan Begum, con il racconto del riscatto economico e sociale di chi non ha niente, i primi scelti dalla Grameen Bank. Tra le principali collaboratrici di Yunus, Begum ha portato esempi di tutela dei diritti umani, tra tutti il diritto alla sopravvivenza e al lavoro, puntando molto su una delle differenze tra la banca dei poveri e le altre banche: «Con noi non si va in tribunale se il credito non viene restituito, perché noi tuteliamo i diritti e crediamo nelle persone».
Nel 2005, nel mondo, sono stati superati i 100 milioni di utenti della banca, 17 milioni dei quali vivono in Bangladesh. «All'inizio del nostro lavoro abbiamo trovato un paese pieno di superstizione, povertà, analfabetismo - ha proseguito - Il credito però non risolve tutto: perciò lavoriamo anche sul piano sociale, con lo scopo di portare la crescita nelle famiglie e dunque nella società».
A Hu Lanbo e Chea Vannath, rispettivamente di origini cinese e cambogiana, il compito di delineare il ruolo della donna nei loro paesi: un'emancipazione notevole nel corso delle tre ultime generazioni in Cina, secondo Lanbo che, nella saga familiare ha visto l'evolversi della posizione della nonna (solo "seconda moglie" nei tempi in cui alle donne si fasciavano stretti i piedi «perché la tradizione diceva che agli uomini piacevano i piedi piccoli, ma in realtà non si voleva permettere loro di spostarsi da casa») a quello della madre (già lavoratrice), fino alla figlia studentessa universitaria emigrata in Europa e iniziatrice di una propria attività all'estero.
La Vannath il suo ruolo di persona impegnata per la collettività, e non più solamente di tipica madre cambogiana, lo ha visto definirsi chiaramente nel campo rifugiati in cui visse, dopo l'avvento dei khmer rossi. Il loro governo, le condizioni della gente in quel periodo, hanno innescato il desiderio di cambiamento e l'impegno personale per contribuire a modificare lo stato delle cose. La molla della sofferenza ha spinto anche Charika Marasinghe ad occuparsi «della ricostruzione della vita in senso immateriale, spirituale» soprattutto in ambito legale e dopo la sciagura dello tsunami.
Attraverso la via - tipicamente asiatica - del silenzio e della meditazione, Marasinghe cerca di capire quali cause provochino le diverse sofferenze delle persone che incontra. «Noi pensiamo che base di tutto sia l'ignoranza: per questo vogliamo illuminare le persone, perché la loro vita abbia chiare le priorità fondanti».
di Cinzia Agostini