ROMA - La scuola italiana non è più accogliente per gli alunni con disabilità. A partire dal 2008, infatti, i crescenti tagli alla spesa pubblica destinata all'istruzione hanno eliminato le condizioni che la storia dell'inclusione avevano mostrato essere necessarie per un'integrazione di qualità. La vulgata si riferisce subito ai tagli alle ore e ai posti di sostegno: ciò non è vero perché quest'anno, grazie alla sentenza della Corte Costituzionale 80/2010 i posti di sostegno sono aumenti di circa 4.000 unità raggiungendo i 94mila a fronte di circa 186mila alunni con disabilità certificata. I tagli hanno invece colpito duramente l'organizzazione della vita quotidiana a scuola. Basta pensare al sovraffollamento delle classi (soprattutto nelle scuole superiori), dove su circa 30 alunni a volte sono concentrati anche tre o quattro studenti disabili.
Ciò impedisce agli alunni con disabilità di essere seriamente seguiti dai docenti curricolari e di dialogare con i compagni. Di qui la ricerca affannosa dei genitori dell'unica risorsa che li può rasserenare e quindi la promozione di una valanga di ricorsi al Tar che si concludono, inequivocabilmente, con l'accoglienza della richiesta del massimo di ore di sostegno. Taluni Tar hanno anche concesso ore per tutta la durata dell'orario scolastico. Questa deriva giudiziale sta determinando una crescente deresponsabilizzazione dei docenti curricolari con delega sempre più massiccia dell'inclusione ai soli docenti per il sostegno. Ciò impedisce la normale presa in carico del progetto di integrazione da parte dei docenti curricolari e dei compagni di classe.
Di fronte a questo disastro, il ministero per la Pubblica istruzione e il governo hanno preso alcuni provvedimenti di facciata che servono più da manifesto che da soluzione. Si pensi alle "linee guida sulla qualità dell'integrazione scolastica" diramate dal ministero il 4 agosto 2009, un valido documento secondo per importanza ideale a quello della Falcucci del 1974. Nella prima parte del documento si ripercorre la storia della cultura e della normativa sull'integrazione scolastica evidenziandone le tappe fondamentali e le acquisizioni irrinunciabili. Una seconda parte ripropone nelle mutate situazioni istituzionali (maggiore decentramento legislativo e amministrativo, maggiore autonomia scolastica e presenza delle associazioni dei familiari) l'importanza della necessità di rapporti interistituzionali fra scuola, enti locali e Asl non solo a livello comunale o provinciale ma anche a livello regionale e di piani di zona. Una terza parte fornisce una serie di indicazioni di buone prassi e condanna di cattive prassi concernenti i compiti dei dirigenti scolastici, i docenti curricolari, quelli per il sostegno, i collaboratori e le collaboratrici scolastiche e le famiglie.
Le cattive prassi
Tra le cattive prassi condannate ci sono l'utilizzo improprio dei docenti per il sostegno in supplenze anche in altre classi quando l'alunno con disabilità è assente, la formazione di gruppi di soli alunni disabili (sedicenti "laboratori"), l'uscita dell'alunno disabile dall'aula quando manchi il docente per le attività di sostegno. Tra le buone prassi sono evidenziate la presa in carico del progetto di integrazione da parte di tutto il consiglio di classe, la formazione dei docenti curricolari, le riunioni dei gruppi di lavoro in orario pomeridiano per consentire a tutti (specie ai docenti curricolari) di partecipare alla formulazione e alle verifiche del Pei, la fissazione di un tetto massimo di 20 alunni nelle classi frequentate da alunni con disabilità (articolo 5, comma 2, dpr. 81/09).
Peccato che queste buone intenzioni vengano rese inoperanti da provvedimenti che le contraddicono. Così vengono sempre più tagliati i fondi per le supplenze, non viene resa obbligatoria la formazione in servizio dei docenti curricolari, vengono quasi sempre organizzate al mattino le riunioni dei gruppi di lavoro e non viene rispettato il tetto dei 20 alunni. Il governo ha anche compiuto un atto di facciata approvando con la legge 18/09 la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, il cui articolo 24 esalta l'importanza della scuola inclusiva. Nella prassi, però, non ci si preoccupa di far rispettare le norme sulla qualità dell'integrazione scolastica, ma le si ostacola o le si rende inapplicabili.
Tutto ciò è aggravato dal riaffiorare di rigurgiti di discriminazione nostalgica di ritorno al passato. Negli ultimi tre mesi, tre persone influenti si sono espresse pubblicamente per un ritorno delle scuole speciali e delle classi differenziali. Si tratta dell'assessore all'Istruzione del Comune di Chieri (To), di un docente del Conservatorio di Milano e del presidente della Provincia di Udine. Queste persone non si sono limitate a giustificare le loro posizioni con motivazioni economiche, ma sono arrivate a dire che è la configurazione genetica delle persone con disabilità a rendere inutile e improduttiva l'inclusione. L'illustre docente lombardo si è spinto fino a rievocare il ricorso antico alla soppressione alla nascita dei bambini disabili.
Di fronte all'ipocrisia governativa di emanare norme di cui poi non si permette l'applicazione e in presenza di crescenti casi di bullismo e di pronunciamenti pubblici di razzismo discriminatorio, cresce il numero delle famiglie degli alunni con disabilità che iniziano a pensare di togliere i propri figli dalla scuola pubblica per iscriverli a una scuola speciale. Un organismo che avrebbe potuto suggerire al ministero della Pubblica istruzione atteggiamenti più inclusivi nei fatti, l'Osservatorio ministeriale sull'integrazione scolastica, è ormai defunto non essendo più convocato e non sembra che il ministero abbia intenzione di farlo preso com'è dalla preoccupazione di trovare finanziamenti per le scuole private mentre con la politica favorisce i tagli a quelle pubbliche.
...E quelle buone
Fortunatamente, nella scuola attiva a livello di base sono numerose le esperienze di buone prassi di integrazione scolastica di qualità, alcune delle quali vengono messe in evidenza dal concorso "Le chiavi della scuola" organizzato dalla Federazione per il superamento dell'handicap (Fish), anche se nel 2010 le domande di partecipazione sono diminuite. Sempre più alunni con disabilità si impongono all'attenzione dell'opinione pubblica per la loro presenza in corsi di formazione professionale, nelle iscrizioni all'Università, nelle professioni, nello spettacolo e nello sport. La cultura dell'inclusione fa breccia nel mondo dei sordi dal quale si distaccano giovani "sordi oralisti" che prendono la parola in convegni com'è avvenuto lo scorso 25 novembre a Bologna all'apertura di Handimatica 2010.
Sono queste esperienze, presenti in tutte le regioni e in tutti i territori, che fanno ben sperare in una resistenza attiva contro l'indifferenza del governo e del ministro verso l'inclusione scolastica e in un rilancio della presenza di questo tema nell'agenda politica a livello regionale e locale. Le associazioni, come risulta dai numerosi convegni degli ultimi mesi, possono i soggetti di resistenza e rilancio. Non per nulla le due grandi federazioni associative, Fish e Fand, nonostante le frizioni legate soprattutto al monopolio della rappresentanza legale attribuito dalla normativa alle associazioni della Fand, si sono unite per contrastare la deriva di neoistituzionalizzazione strisciante e potrebbero, se sostenute dall'opinione pubblica, da politici e funzionari che ancora credono nell'importanza dell'inclusione, far ritornare al centro dell'agenda politica le soluzioni indispensabili al rilancio di una inclusione vera e generalizzata quale segno della dignità delle persone e della nostra civiltà. (contributo per "I CARE", pubblicazione del Centro di riabilitazione ortofonologica di Firenze)