Dalla riserva Monte Capodarso e Valle dell'Imera Meridionale, nel cuore antico dell'Isola, alle Saline di Trapani, sottratte al bracconaggio e a ogni genere di speculazione, a Torre Salsa, la spiaggia nell'Agrigentino salvata dal progetto di un villaggio turistico, passando per Monte Pellegrino, nel Palermitano, e Vendicari, nel Siracusano. Rischiano di chiudere i battenti, le riserve naturali siciliane. Un taglio netto ai contributi della Regione, per 73 siti naturalistici di rara bellezza, mette in ginocchio aree uniche al mondo e apre al rischio di nuovi assalti a porzioni di territorio che sembravano ormai al riparo dall'abusivismo edilizio e dai cacciatori di frodo.
"È il contributo della Sicilia all'anno mondiale della biodiversità" accusano, con sarcasmo, Angelo Dimarca di Legambiente e Giacinto Milazzo di Italia Nostra, coordinatore dei novanta lavoratori delle riserve che prestano servizio per conto delle associazioni ambientaliste. A rischiare di più sono proprio le ventisei riserve gestite per la Regione da associazioni storiche come Italia Nostra, Legambiente, Wwf, Lipu, Cai, Gruppo ricerca ecologica, Rangers. Tutte associazioni che si sono già viste ridurre il contributo regionale del 40% e che, nel 2011, lo vedranno diminuire di un ulteriore 30%. Una situazione insostenibile.
"Tra un anno - punta il dito Dimarca - saremo passati dai 5 milioni e mezzo di euro del 2009 a un milione e mezzo scarso. Una somma che non basta neanche lontanamente a tenere in vita le riserve, a respingere le azioni di disturbo o a fronteggiare il vandalismo".
Ma già oggi l'attività di gestione è alla paralisi: le visite guidate come la sorveglianza, le iniziative di sensibilizzazione e di educazione ambientale e la valorizzazione dei territori, la conservazione degli ambienti naturali e la divulgazione naturalistica. Eppure, la Regione potrebbe attingere a 140 milioni di fondi europei previsti per questi scopi, ma nessuno, negli uffici competente, lavora a progetti specifici.
I primi a fare le spese dei tagli, varati dalla giunta del presidente della Regione Raffaele Lombardo, sono stati i novanta dipendenti delle associazioni, che non percepiscono gli stipendi da luglio: nei giorni scorsi hanno protestato, per la quinta volta nel giro di un mese, davanti la sede dell'Assemblea Regionale, chiedendo una serie di emendamenti per salvare le oasi e i posti di lavoro. Dalla loro parte, una ventina di esperti e accademici di tutte le discipline naturalistiche, autori di un appello alle istituzioni locali, che denunciano, evidenziano: "Le riserve naturali gestite dalle associazioni ambientaliste sono già a un passo dalla chiusura per mancanza di fondi; eppure hanno garantito in questi anni importanti risultati in diversi settori, e costituiscono spesso fondamentali presidi di legalità in contesti difficili".
Nella vicenda non mancano i paradossi: "Ad esempio - fa notare il consigliere nazionale di Italia Nostra Leandro Janni - quello della società regionale Biosphera, cui l'Assessorato Territorio e ambiente assegna ogni anno 2,5 milioni di euro per effettuare lavori nelle stesse aree protette che rischiano la chiusura. Insomma, per salvare le ventisei riserve basterebbero 1,7 milioni di euro. Meno del contributo per Biosphera, dunque".
"Quasi sempre, dietro alla nascita di una riserva - aggiunge Anna Giordano del Wwf, Goldman Environmental Prize nel 1998 - c'è una storia di contrasto alla criminalità. Dalle Saline di Trapani, preda di bracconieri e speculazioni varie, a Capo Rama, dove il riconoscimento regionale ha bloccato lottizzazioni e discariche. Un passo indietro della Regione Siciliana significherebbe far tornare in pista mafie e abusi".

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