[Cancun 9 dic] - Si alza il livello dello confronto al negoziato delle Parti delle Nazioni Unite, al centro delle discussioni la finanza per il clima, i progetti su deforestazione e degradazione forestale ma soprattutto il secondo periodo di impegni di mitigazione che dovrebbe iniziare nel 2012, alla scadenza del primo periodo di Kyoto. Nella fase più sincopata della Conferenza di Cancun, tra i Paesi più poveri ed i movimenti sociali si teme una conclusione simile a quella di Copenhagen, con una forzatura nei confronti della maggioranza dei Paesi membri ed una conclusione non all'altezza delle aspettative, e con il rischio di passi indietro.

"Siamo in una fase molto delicata", racconta Alberto Zoratti, dell'organizzazione equosolidale italiana Fair, "il protocollo di Kyoto, che fino ad oggi è stato lo strumento globale di lotta al cambiamento climatico, rischia di essere indebolito se non svuotato da un accordo di basso livello che accompagnerebbe il percorso negoziale verso il Sudafrica con più incognite che speranze. Per questo è necessario uno scatto di dignità da parte dei Governi del mondo".

Tra i capitoli sul tavolo il negoziato REDD, sulla riduzione delle emissioni da deforestazione e degradazione forestale, che ha portato in piazza migliaia di contadini ed indigeni che si oppongono ad un progetto che appare calato dall'alto. "Il capitolo REDD così com'è non può andare bene" continua Zoratti, "non riconosce i diritti delle comunità indigene all'autosviluppo e alla propria autodeterminazione, considerando che per come è strutturato il capitolo REDD non si possono evitare abusi e speculazioni, senza dall'altra parte avere accettabili riduzioni delle emissioni di gas serra".

In attesa della prossima bozza di documento, attesa ad ore, rimane nel testo il riferimento alla Banca Mondiale per la gestione del fondo di finanziamento per l'adattamento, un'opzione spinta da diversi Paesi tra cui gli Stati Uniti. "Il finanziamento per l'adattamento", conclude Zoratti, "è un modo di ripagare il debito ecologico e sociale che i Paesi industrializzati hanno contratto con il pianeta. Dovrà essere pubblico, di gestione trasparente, basato su fondi nuovi e inserito all'interno della Convenzione. Ogni altra opzione non tiene conto dell'impatto pesante che la Banca Mondiale ha avuto sui Paesi del Sud del mondo, dove intere comunità di piccoli produttori, contadini, artigiani stanno pagando sulla loro pelle le discutibili e contraddittorie ricette proposta dalla Banca Mondiale negli ultimi 30 anni".

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