Borsa Progetti Sociali è lieta di segnalarvi i due articoli apparsi sul Corriere della Sera in seguito al convegno del 26 e 27 Aprile 2006 di Insieme Intelligenti, associazione che attraverso il metodo Feuerstein ottiene ottimi risultati nello sviluppo delle funzioni cognitive di persone con forme di ritardo mentale. Un metodo talmente valido da essere utilizzato anche dalle aziende per lo sviluppo delle capacità dei propri manager e dipendenti. Silvia Persi - Susanna Sala BPS (Borsa Progetti Sociali) Altis - Università Cattolica del Sacro Cuore Via S. Vittore, 18 20123 Milano tel: +39 02 48.51.70.36 www.borsaprogettisociali.it Gli articoli: Corriere della Sera - Data:27/04/2006 Pagina:8 Bambini, intelligenti si diventa di FLAVIA FIORI L'intelligenza non è misurabile, ma si può sempre ampliare, eccome. Lo sostiene Rafi Feuerstein, vicepresidente del Centro internazionale per l'elevazione del potenziale di apprendimento (Icelp) fondato nel 1992 a Gerusalemme da suo padre Reuven, guru del metodo pedagogico della mediazione durante il convegno dell'Associazione Insieme Intelligenti tenutosi alcuni giorni fa a Gallarate. E per togliere ogni dubbio, lo psicologo israeliano ribadisce un concetto caro al padre: «Non sono i cromosomi ad avere l'ultima parola: è l'uomo che forma il suo cervello e non il cervello che si forma nell'uomo». A pensarci bene non è poco, ma Rafi Feuerstein taglia corto con un «l'intelligenza si insegna». Parola di papà. Formulata intorno agli anni '50 da Feuerstein senior, questa teoria sulla «Modificabilità cognitiva strutturale» oggi non teme più critiche. A convalidarla ci sono le immagini delle diverse aree del cervello che noi attiviamo durante specifici comportamenti. Conferma lo psicologo: «Mediante l'utilizzo delle più sofisticate tecniche di indagine neuroscientifica possiamo oggi affermare in tutta tranquillità che le strutture cognitive degli umani non sono fisse, ma addirittura modificabili». E qui punta il dito contro la «staticità» delle «vecchie e ancora troppo accreditate» correnti di pensiero che ancora recintano conoscenza e ragione: «Inutile dire a un bambino con problemi fisici, comportamentali o genetici "ti accetto per quello che sei". È il sistema più pratico e veloce per conservarlo stupido. Chi crede invece nella modificabilità dell'intelletto sentirà il dovere morale di intervenire sul ragazzo per portarlo passo a passo fino ad una gestione autonoma della conoscenza». A Feuerstein senior lo spunto per formulare la teoria della «Modificabilità cognitiva strutturale» glielo diede la storia stessa, in Israele, nel dopoguerra. Occupandosi dei giovani ebrei sopravvissuti alla Shoah, si accorse che le capacità intellettive di questi ragazzi segnati da esperienze devastanti erano paragonabili a quelle dei bambini normali senza alcun trauma alle spalle. Si chiese allora: quale forza permette di dimenticare il dramma, di credere nuovamente nei valori, di spingerli a giocare? Solo un'intrinseca capacità di modificazione, di adattamento all'ambiente rende possibili questi cambiamenti. Da qui, alla convinzione «che l'esperienza trasforma il cervello come il cervello trasforma l'esperienza» il passo fu relativamente breve. Presente in 23 Paesi e con 15 i centri accreditati in Italia, il metodo Feuerstein si dichiara «universale». «Si è rivelato efficace con tutti - assicura lo psicologo -. Dagli scolari, ai dirigenti aziendali; dai malati di Alzheimer ai non vedenti, ai bambini affetti dalla sindrome di Down. Gli stimoli ambientali vengono filtrati da un mediatore in grado di fornire all'individuo gli strumenti intellettivi necessari per catalogare, selezionare, confrontare e utilizzare gli stimoli stessi. E, se occorre, in alcuni casi anche farli scomparire». Possono i genitori diventare mediatori? «Chi più, chi meno, siamo tutti dei mediatori - assicura Rafi Feuerstein - e non occorrono certo corsi di formazione per rassicurare un bambino. Di una cosa però bisogna essere sempre consapevoli: nessun sviluppo può avere luogo senza un mediatore che si pone fra il mondo e l'essere umano che ha bisogno di mediazione». Qualche consiglio pratico? «Non gridare mai: "Dai,muoviti! Siamo in ritardo!", ma informare il figlio dei minuti che mancano all'uscita - sviluppa la cognizione di tempo. E chiedergli il braccio destro e poi il sinistro (o viceversa) da infilare nel golfino, e di allacciarsi con calma le scarpe - sviluppa la cognizione di spazio. Ogni due-tre giorni, poi, approfondire il significano di tutti gli ok con i quali i figli liquidano veloci ogni nostro "Come è andata oggi a scuola?" - sviluppa la capacità di autoanalisi. Vede, il mio secondogenito è un ragazzo Down di 17 anni che sa leggere, scrivere e far di conto. È autonomo e intelligente. Ora non mi rimane altro che lavorare sui suoi sentimenti per aiutarlo a formarsi una famiglia tutta sua». Con il metodo di nonno Reuven, ovvio. Flavia Fiori Corriere della Sera Data:27/04/2006 Pagina: 8 Si può diventare intelligenti? A questa domanda ognuno di noi ha cercato di rispondere e tutti sappiamo bene che il quesito resta aperto e varia a seconda delle scoperte scientifiche e delle mode. Chi è ottimista non ha dubbi: intelligenti si diventa. Chi scrive, più semplicemente, consiglia di considerare l'intelligenza al pari di un muscolo, che va curato, nutrito, allenato in un'apposita palestra, sottoposto ai diversi lavori, protetto dai colpi. Intelligenti si può diventare se la nostra vita non si consegna completamente alla stupidità, se questa facoltà che abbiamo paragonato a un muscolo non la facciamo atrofizzare. Oggi più che in passato il pericolo è maggiore: interi settori della vita contemporanea riescono a prosperare soltanto se l'intelligenza dei più si fa passiva, asfittica, se dimentica il suo ruolo. Diversamente non si spiegherebbero taluni programmi televisivi, né molti libri recentemente pubblicati, né la ricerca in rete dei più riusciti prodotti del cretinismo informatico. Ma è altresì vero che l'intelligenza non è la soluzione dei nostri problemi; insomma, da sola non basta. Carl Gustav Jung, che dell'argomento era un esperto, ha scritto in «Tipi psicologici»: «Non dobbiamo pretendere di capire il mondo solo con l'intelligenza: lo conosciamo, nella stessa misura, attraverso il sentimento. Quindi il giudizio dell'intelligenza è, nel migliore dei casi, soltanto metà della verità». In margine alle osservazioni del grande studioso, ci sembra superfluo citare quegli scettici che sostenevano di essersi rovinati con l'intelligenza e si auguravano di avere figli stupidi e ignoranti. Sono paradossi che possono far sorridere ma che non vanno creduti sino in fondo. Di certo, l'intelligenza ha bisogno di letture stimolanti, di studi faticosi (la rendono agile), di un allenamento continuo nel risolvere casi e problemi, di capire che sovente si deve fare da parte per non offendere chi mal sopporta le sue manifestazioni. Inoltre dobbiamo dare all'intelligenza il senso del tempo (si può cominciare con la musica), la capacità di concentrazione (le religioni sono insostituibili), la flessibilità, che in tal caso significa capacità di camuffarsi. Una delle migliori doti dell'intelligenza è quella di non apparire mai apertamente ma di essere presente, con discrezione, in ogni incontro della nostra vita. Armando Torno

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