Dal 1° al 7 dicembre è in Italia Christian Ouedraogo, giurista e coordinatore della campagna contro la mortalità materna della Sezione del Burkina Faso di Amnesty International.
Ogni anno, oltre 2000 donne muoiono in Burkina Faso per complicazioni legate alla gravidanza e al parto. La mortalità materna causa il maggior numero di vittime tra le donne più povere e meno istruite e tra coloro che vivono nelle zone rurali, circa l'80 per cento della popolazione. Tra i motivi: il basso stato sociale delle donne che indebolisce il loro diritto a decidere se e quando avere figli, e quanti; la mancanza di informazionisui diritti sessuali e la salute riproduttiva; il costo elevato delle cure mediche; la carenza di attrezzature mediche e di personale qualificato e la distanza delle strutture sanitarie dalle abitazioni, in particolar modo nelle zone rurali.
Christian Ouedraogo, che in Italia partecipa a iniziative di Amnesty International volte alla formazione e sensibilizzazione sul tema, ha assistito i ricercatori e consolidato le collaborazioni relative alla ricerca sulla mortalità materna in Burkina Faso. Consulente e coordinatore della campagna dal febbraio 2010 e coordinatore del Comitato nazionale per la lotta contro la mortalità materna, ha contribuito alla strategia della campagna, all'organizzazione di una "carovana di sensibilizzazione" e alla pubblicazione di appelli per il diritto alla salute delle donne africane.
Ouedraogo, dopo aver iniziato nel 2000 come volontario, ha coordinato la creazione del primo gruppo giovani e nel 2006 della rete nazionale giovani di Amnesty International nel suo paese. Eletto coordinatore campagne e azioni nel 2008, ha svolto diverse missioni come rappresentante e formatore sui diritti umani e sulle campagne dell'organizzazione in Africa e in Europa. Nel 2009, nell'ambito della campagna mondiale di Amnesty International, Oxfam e Iansa, "Control Arms", ha contribuito a costituire e a rappresentare una coalizione nazionale contro il traffico di armi diventata poi la Rete d'azione sulle armi leggere in Africa Occidentale, sezione del Burkina Faso, di cui è stato il primo segretario generale.
La mortalità materna è una delle più insopportabili conseguenze della povertà. Ogni anno nel mondo 350.000 donne muoiono per complicazioni legate alla gravidanza e al parto.
Per fermare questa tragedia Amnesty International ha lanciato una campagna mondiale per chiedere ai governi che l'assistenza ostetrica d'urgenza sia disponibile per ogni donna, che siano eliminati i costi che ostacolano l'accesso alle cure mediche di base e che sia rispettato e tutelato il diritto delle donne al controllo sulla loro vita sessuale e riproduttiva.
Fino al 12 dicembre è possibile sostenere la campagna di Amnesty International "Contro la mortalità materna" attraverso il numero 45506 inviando unsms del valore di 2 euro da cellulare privato Tim, Vodafone, Wind, 3 e CoopVoce o chiamando lo stesso numero da rete fissa e donare così 5 o 10 euro da Telecom Italia oppure 5 euro da Infostrada.
Grazie alle donazioni Amnesty International potrà realizzare una serie di interventi concreti in Perù, uno dei paesi con il più alto tasso di mortalità materna di tutta l'America Latina, in SierraLeone, dove, più che in qualsiasi altra parte del mondo, le donne rischiano di perdere la vita durante il parto, in Burkina Faso, dove ogni anno 2000 donne muoiono per complicazioni legate alla gravidanza, e nei ricchi Stati Uniti d'America in cui, nonostante la spesa sanitaria sia tra le più alte nel mondo, a morire sono ancora le donne che appartengono a minoranze etniche o a comunità native.
Ulteriori informazioni
Burkina Faso: la storia di Ramatoulaye
Ramatoulaye ha avuto il primo figlio all'età di 12 anni. Ha partorito in casa, assistita da una levatrice tradizionale. Durante le sue ultime gravidanze si è recata alla struttura medica di Ramsa, 12 chilometri dal suo villaggio, per le visite prenatali e per il parto. Ha raccontato che durante la sua quarta gravidanza, nel marzo 2009, "Ho iniziato ad aver le doglie. Il fratello di mio marito mi ha portata con la sua motocicletta e mio mariti ci ha seguiti. Una volta arrivati alla sponda del fiume, abbiamo aspettato l'uomo della barca ma non c'era perché aveva anche un altro lavoro. Così ho partorito da sola sulla riva del fiume. È stato molto difficile."