Aung San Suu Kyi, la prigioniera di coscienza più celebre, ha trascorso più di 15 degli ultimi 21 anni agli arresti domiciliari. Faceva parte di un totale di oltre 2200 prigionieri politici e di coscienza, detenuti in condizioni deplorevoli semplicemente per aver esercitato il loro diritto di protestare in forma pacifica.
"Il rilascio di Aung San Suu Kyi è certamente una notizia positiva, anche se segna solo la fine di una sentenza ingiusta ed estesa illegalmente. Rimane il fatto che lei e gli altri prigionieri di coscienza non avrebbero mai dovuto essere arrestati" - ha dichiarato Salil Shetty, Segretario generale di Amnesty International.
La Nobel per la pace era stata posta agli arresti domiciliari dal 30 maggio 2003, dopo che un gruppo di malviventi filo-governativi le aveva teso un agguato a Depayin, uccidendo un numero imprecisato di persone e ferendone decine. In precedenza, Aung San Suu Kyi era stata posta agli arresti domiciliari dal 1989 al 1995 e dal 2000 al 2002.
"Questa volta le autorità devono garantire la sicurezza di Aung San Suu Kyi. Devono anche porre fine alla perenne ingiustizia dell'imprigionamento per motivi politici. La comunità internazionale (tra cui la Cina, l'India, l'Associazione delle nazioni del sud-est asiatico e le Nazioni Unite) deve agire in modo congiunto per impedire al governo di Myanmar di reprimere gli oppositori politici. Il rilascio di Aung San Suu Kyi non deve far dimenticare gli altri prigionieri di coscienza".
In Myanmar vi sono attualmente oltre 2200 prigionieri politici, condannati sulla base di norme vaghe, utilizzate sovente per criminalizzare il dissenso politico e detenuti in condizioni agghiaccianti, con cibo e servizi igienici inadeguati e senza cure mediche. Molti di essi sono stati torturati nel corso degli interrogatori e subiscono ancora torture da parte del personale penitenziario. Secondo Amnesty International, la maggior parte di essi sono prigionieri di coscienza, arrestati prevalentemente durante la cosiddetta "rivoluzione zafferano" del 2007. Negli ultimi tre anni, centinaia di prigionieri politici sono stati trasferiti in carceri estremamente lontane e questo ha reso ancora più difficili le visite di medici, avvocati e parenti. Le denunce di tortura sono in aumento. Il Comitato internazionale della Croce rossa si vede negare l'accesso alle carceri dal dicembre 2005.
Tra i prigionieri di coscienza di cui Amnesty International chiede il rilascio, figurano: