BOLOGNA - Secondo il Rapporto Caritas/Migrantes 2008, nell'anno scolastico 2007/2008, l'Emilia Romagna si attesta come la regione con la più alta percentuale di alunni di cittadinanza non-italiana che ammonta all'11,8% del totale. Una percentuale che comprende anche gli alunni portatori di disabilità per i quali tuttavia, non esistono progetti specifici. Se nelle scuole italiane troviamo progetti rivolti ai ragazzi disabili e azioni che si occupino nello specifico di questioni relative alla condizione migratoria, i due fenomeni continuano ad essere affrontati separatamente. Ma che succede quando l'alunno figlio di migranti è portatore di qualche disabilità? La ricerca presentata oggi a Bologna nell'ambito del Convegno "Alunni con disabilità, figli di migranti" e recante lo stesso nome, indaga i temi della disabilità nei contesti particolari della migrazione. Il progetto di ricerca, promosso e sostenuto da Comune di Bologna, Regione Emilia-Romagna, Facoltà di Scienze della formazione e Dipartimento di Scienze dell'educazione dell'Università di Bologna, e Azienda Usl di Bologna, è volto a sostenere e facilitare il lavoro di insegnanti e operatori dei servizi nel compito di gestire queste situazioni particolari. "Rientra nel modello della ricerca-azione - spiega Roberta Caldin, docente dell'Università di Bologna e coordinatrice del progetto -, ma si tratta di una ricerca di carattere esplorativo essendo una delle prime sul tema in Italia - continua Caldin -. L'ostacolo principale con cui ci siamo scontrati inizialmente è l'assenza di un registro ufficiale che documenti il fenomeno a livello regionale".

Il progetto di ricerca si è sviluppato tra marzo 2009 e aprile 2010, periodo durante il quale sono stati somministrati 250 questionari on-line, rivolti a operatori dei servizi educativi e alle famiglie. Parallelamente sono stati realizzati focus group, e interviste semi-strutturate direttamente con le famiglie coinvolte e gli insegnanti. La ricerca parte dal presupposto di dover fornire delle risposte utili a un'integrazione che risulti costruttiva, in primo luogo per i ragazzi protagonisti, ma anche per le famiglie, per gli insegnati e nel complesso per la creazione di una scuola migliore in grado di formare buoni cittadini per una società del domani che vada oltre gli stereotipi, il pregiudizio e la mancanza di pari opportunità per tutti.

La combinazione di disabilità e migrazione pone problematiche di non facile risoluzione per l'intervento di variabili culturali diverse che influenzano il modo in cui la famiglia, e di conseguenza l'alunno, interagiscono con la società di riferimento. Ad esempio se alcune culture concepiscono la disabilità come una manifestazione positiva del divino e l'arrivo di un figlio disabile come un dono, altre all'opposto la interpretano come una maledizione. Come può la scuola capire e intervenire su tutto questo? Innanzitutto è necessario conoscere le diversità che gravitano attorno a questi discorsi per poter elaborare modelli e pratiche di intervento.

La ricerca parte dalla scuola perché è il secondo luogo deputato alla socializzazione dopo la famiglia, perché è qui che si costruiscono i possibili modelli di interazione futuri per i ragazzi. "Credo che la ricerca sia fondamentale per la costruzione di una scuola realmente paritaria e aperta a tutti, come indica il dettato costituzionale - ha commentato Monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes -. Servono nuovi percorsi di inclusione che aiutino a valorizzare le differenze e nuove figure specifiche come i mediatori, sia per la disabilità che per l'immigrazione". (giulia gezzi)

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