Oltrel'85 percento della popolazione italiana tra i 35 e i 50 annirisulta essere a bassissimo rischio cardiovascolare per i prossimi 10anni. Ma con un semplice cambio di prospettiva la situazione sistravolge radicalmente.

Losostiene uno studio dell'Università Cattolica di Campobassosecondo il quale una grossa fetta della popolazione adulta rischia diessere tagliata fuori dalle strategie di prevenzione a causa di stimeancorate ad una visione a breve termine del rischio cardiovascolare. I dati della ricerca provengono dal progetto Moli-sani, unostudio epidemiologico attualmente in corso nella regione Molise, cheha già reclutato 25mila cittadini e sono stati presentatinell'ambito del XXI Congresso nazionale della Società Italianaper lo Studio dell'Emostasi e della Trombosi che quest'annosi è svolto a Bologna dal 28 al 31 ottobre.


Ilprofilo di rischio cardiovascolare viene oggi generalmente calcolatoin base alla Carta del rischio del progetto Cuore, che indica lapossibilità di essere colpiti da un evento ischemico nell'arco didieci anni. È chiaro quindi che le fasce più giovani dellapopolazione presentano un rischio molto basso, rimanendo praticamenteescluse dalle strategie di prevenzione e dai programmi di salutepubblica.

L'indaginecondotta dalla Cattolica molisana ha analizzato dati relativi aoltre 8mila persone tra i 35 e i 50 anni di età: per l'85percento del campione studiato le probabilità di andare incontro adun evento cardiovascolare nei prossimi 10 anni risultavano moltobasse. Prolungando il periodo di proiezione del rischio fino aconsiderare l'intera vita dei soggetti, il 78 percento delledonne e l'82 percento degli uomini a basso rischio cardiovascolarenel breve tempo apparivano invece ad alto rischio cardiovascolare,con una probabilità di sviluppare un evento cardiovascolaresuperiore al 40 percento, ma che nelle situazioni peggiori arrivava asfiorare il 70 percento. "Con gli standard sinora adottati, lamaggior parte delle donne ed in generale i soggetti più giovanirestano praticamente tagliati fuori dalle strategie di prevenzione econtrollo - spiega Augusto Di Castelnuovo, primo autore dellostudio - Ma in realtà la fetta di popolazione adulta a rischio èmolto più ampia di quanto si possa pensare". Di fatto l'interastrategia di prevenzione potrebbe essere migliorata considerandoin maniera più attenta il profilo di rischio cardiovascolare a lungotermine in quelle fasce di popolazione a basso rischio a brevetermine.

"Sequesti dati saranno confermati da ulteriori ricerche, potrà essereopportuno affiancare in futuro la valutazione di rischio a brevetermine con quella che invece considera il rischio lungo il corsodell'intera vita" conclude Di Castelnuovo.


Questaricerca rappresenta uno dei molteplici argomenti trattati dal XXICongresso SISET, che ha una visione fortemente interdisciplinare, unosguardo d'insieme che abbraccia settori molto diversi dellamedicina. Perché in fondo il sangue, con tutti i suoi fenomenifisiologici e patologici, arriva ovunque nel corpo. Perché lediagnosi, i trattamenti, le scelte terapeutiche, devono tenere contodi ciò che avviene nei vasi sanguigni. E il congresso di Bolognarispecchia in pieno questa visione ampia ed articolata. Spuntiimportanti, naturalmente, vengono dal settore della prevenzione edella terapia, soprattutto per quanto riguarda le malattiecardiovascolari, un campo in cui la comprensione dei fenomeni dellacoagulazione porta continuamente innovazioni decisive.


Natanel 1970, la Società Italiana per lo Studio dell' Emostasi e dellaTrombosi raccoglie circa 800 soci. I suoi campi d'indagineprincipali si riferiscono alle problematiche inerenti lafisiopatologia, la diagnosi e la terapia delle malattie emorragiche etrombotiche.

Per il programmacompleto del Congresso si invita a visitare il sito web:http://www.siset2010.org


Bologna, 31 ottobre 2010


Per ulterioriinformazioni:


Americo Bonanni- 347 9305981

bonanni@filemazio.net


Marialaura Bonaccio - 3394995848

marialaura.bonaccio@moli-sani.org

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