Mentre il bilancio delle vittime supera quota 300 e il numero di malati ricoverati è di oltre 4.700, le autorità sanitarie locali e le organizzazioni umanitarie come l'UNICEF e l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) cominciano a vedere i frutti dei propri sforzi congiunti per contenere l'epidemia di colera che nell'ultima settimana ha funestato Haiti.
Il Ministero della salute haitiano afferma che nelle ultime ore il numero di decessi è stato decisamente inferiore rispetto ai primi giorni della crisi, e che l'emergenza è confinata ai dipartimenti Artibonite (76% dei casi) e Central (23%).
Non si è palesata quindi la temutissima estensione del contagio alla capitale Port-au-Prince, dove oltre un milione di sopravvissuti al terribile terremoto del 12 gennaio vivono in condizioni precarie ed estremamente vulnerabili dal punto di vista igienico-sanitario.
Priorità assoluta, proteggere la capitale«Stiamo lavorando in stretta cooperazione con le altre agenzie ONU e con le Organizzazioni non governative per aiutare il Ministero della salute haitiano a prevenire l'ulteriore dilagare dell'infezione» riferisce Jean-Claude Mubalama, a capo dei programmi sanitari dell'UNICEF Haiti. «Se il contagio si diffonde a Port-au-Prince avremo enormi problemi da fronteggiare, data la situazione in cui vivono gli sfollati.»
Le autorità haitiane e le organizzazioni umanitarie stanno mettendo a punto un piano di emergenza per affrontare lo scenario peggiore - l'arrivo del colera a Port-au-Prince.
Il piano prevede tra le altre misure l'immediato isolamento dei casi conclamati di infezione. L'UNICEF sta allestendo nella capitale 3 centri per la cura del colera, che si spera non dovranno mai essere utilizzati.
Analogo sforzo di prevenzione è in corso nel dipartimento Nord, dove finora sono stati registrati solo due casi di colera: qui l'UNICEF ha già allestito due strutture ricettive in tenda per gli esami clinici e lo smistamento dei malati verso centri specializzati.
Funzionano invece a pieno ritmo le operazioni di prevenzione e cura del colera a Saint Marc e nelle altre località del dipartimento Artibonite, che prende il nome dal fiume le cui acque, inquinate a seguito di un'esondazione, sono ormai state individuate come la culla dell'epidemia.
Qui la situazione umanitaria non può essere raccontata in modo più efficace che non con le parole di testimoni oculari, come Douglas Armour del Comitato inglese dell''UNICEF