Non c'è tregua per la popolazione di Haiti. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha confermato ufficialmente che quella esplosa in questi giorni nell'isola caraibica è un'epidemia di colera, e del tipo più pericoloso.
Al momento si contano oltre 200 morti, con un numero di ricoveri dieci volte superiore. Il 30% delle vittime sono bambini, i soggetti più vulnerabili alla morte per disidratazione da diarrea acuta.
Le autorità e le organizzazioni umanitarie nutrono gravi preoccupazioni per l'eventualità che l'epidemia si estenda dalla città di Saint Marc, nella r egione di Artibonite (vedi mappa), verso sud, la zona colpita dal terribile terremoto del 12 gennaio scorso.
Oggi sono stati segnalati i primi 5 casi di colera nella capitale Port-au-Prince, dove 1,3 milioni di senzatetto vivono in condizioni igieniche precarie in tendopoli e centri per sfollati,
Si tratta di persone che hanno contratto l'infezione in due altri dipartimenti e poi si sono spostati nella capitale, dove hanno manifestato i primi sintomi,
Un killer rapidissimo
«La situazione a Saint Marc è spaventosa, l'ospedale locale non è più in grado di curare le oltre 1.500 persone che vi si sono riversate» racconta Jean-Claude Mubalama, responsabile per i programmi sanitari dell'UNICEF Haiti. «La gente qui, anche i medici e le infermiere, non hanno esperienza con questo genere di nalattia. I genitori portano i loro bambini in ospedale troppo tardi, spesso quando non c'è più niente da fare per salvarli.»
La variante di colera responsabile dell'epidemia (sierotipo 01, il più letale), ha un decorso rapidissimo. Se non adeguatamente curato, un neonato può morire nel giro di 3-4 ore dal momento in cui i sintomi (vomito e diarrea profusa) si manifestano con improvvisa violenza.
L'80% dei decessi avviene in casa, spiega il dottor Mubalama, mentre il tasso di sopravvivenza è molto più elevato per coloro che vengono portati tempestivamente in ospedale.
I protocolli per la terapia del colera dell'OMS prescrivono un immediato ripristino dei liquidi (reidratazione con soluzione salina) e degli elettroliti (sodio, potassio e altri minerali), per via orale o nei casi più gravi tramite flebo.
Contrastando in questo modo la violenta disidratazione dell'organismo, ci sono fondate speranze che i malati recuperino la salute: nei casi trattati tempestivamente in ospedale il tasso di mortalità è di circa l'1%, mentre in assenza di cure oscilla tra il 30 e il 50%.
Non esiste un vaccino per prevenire il colera.
L'UNICEF in azione
Per scongiurare nuovi contagi, l'UNICEF e le organizzazioni partner stanno distribuendo sostanze per disinfettare l'acqua, antibiotici, kit speciali per la cura della diarrea infantile, bustine di sali per la reidratazione orale.
Sei camion carichi di materiali (tra cui kit igienici per 7.500 persone, 50.000 compresse al cloro per potabilizzare l'acqua, 25mila materassini, migliaia di saponette e taniche, 5 tende-ospedale) sono partiti già all'indomani dello scoppio dell'epidemia da Port-au-Prince.
Team di esperti in emergenze sanitarie sono stati distaccati dallo staff che da dieci mesi sta coordinando le operazioni umanitarie del dopo-terremoto e inviati nelle zone interessate dall'epidemia per formare il personale sanitario locale sulle misure da applicare quando si ha a che fare con questa terribile malattia.
Le cause dell'epidemia non sono state ancora individuate, ma sembra che non vi sia una diretta connessione con il terremoto di gennaio, che causò circa 300mila morti, la più grave emergenza umanitaria dai tempi dello tsunami dell'Oceano Indiano del dicembre 2004.
La zona di Saint Marc non è tra quelle colpite dal sisma, anche se qui si sono stabiliti numerosi senzatetto provenienti da altre aree del dipartimento. Ci sono fondati timori che il fiume Artibonite sia inquinato dal batterio: le autorità sanitarie stanno esaminando le acque per sincerarsene.
Haiti non conosceva episodi di colera da oltre un secolo. In queste settimane, il colera sta flagellando (38mila casi, oltre 1.500 morti) la Nigeria, dove l'infezione è endemica