Dopo mesi di silenzio, finalmente il Governo spiega le ragioni dello scandaloso ritardo dell'Italia rispetto alla ratifica della Convenzione de L'Aja del 1996 sul riconoscimento dei provvedimenti stranieri per la protezione dell'infanzia: lo fa per bocca del sottosegretario al Ministero dell'Interno Alfredo Mantovano. L'onorevole interpellato dal Sole 24 ore, pur sottolineando la necessità di superare "questo nodo in tempi stretti" esprime le sue perplessità in merito a questo provvedimento: "Nel nostro ordinamento non c'è spazio per leggi che discriminano su base religiosa - La Kafala presenta proprio questo elemento di incostituzionalità e così com'è non va bene". Per questo - afferma il sottosegretario - "L'unica cosa che possiamo fare è togliere il vincolo religioso, ma temo che saranno poi i paesi d'origine a non affidare più i bambini alle coppie che vivono in Italia".
In realtà i dubbi espressi dal Ministro Mantovano sono legati al fatto che la Kafala - istituto di diritto islamico che garantisce la più alta forma di tutela per i bambini musulmani e che potrebbe essere riconosciuto con la ratifica della Convenzione - viene applicata dai Paesi stranieri di cultura giuridica islamica solo quando gli "affidatari" (kafil) sono di religione musulmana.
La ratifica della Convenzione dell'Aja del 96 non implica, però, l'introduzione dell'istituto della kafala nel nostro ordinamento interno. La questione ruota intorno al riconoscimento dei provvedimenti di Kafala pronunciati da un'autorità straniera, competente ad adottare le misure di protezione dell'infanzia.
Il Governo distingue tra coppie straniere musulmane residenti in Italia e coppie musulmane con cittadinanza italiana. Alle prime è riconosciuto il diritto di ottenere il visto per il minore in Kafala, con la preoccupazione di stabilire la durata ed efficacia del permesso di soggiorno. Ancora nessuna decisione invece, in merito alle coppie musulmane di cittadinanza italiana che si sono viste negare il visto di ingresso per i minori accolti in Kafala.
Proprio perché nel nostro Paese è tutelata la libertà religiosa, non è possibile riservare un trattamento diverso ai musulmani a seconda se siano italiani o stranieri residenti. Per le adozioni le regole sono uniche e l'obbligo di seguire le procedure è uguale sulla base della residenza, non della nazionalità né della fede religiosa. Tutte le coppie musulmane devono potere accogliere un minore abbandonato conformemente ai dettami della propria religione e i relativi provvedimenti devono poi essere riconosciuti nel superiore interesse dei minori.
Il Governo teme che il riconoscimento della Kafala conduca ad un aggiramento delle norme sulle adozioni internazionali o dia luogo al "fenomeno delle spose bambine" - come precisato da Mantovano. Per questo la posizione espressa dal Ministro è quella di adottare "una serie di cautele per il minore". Per il presidente di Ai.Bi Marco Griffini "l'ostacolo si può benissimo superare definendo i paletti della kafala insieme ai paesi musulmani". L'ideale - dopo la ratifica della Convenzione de L'Aja che deve comunque essere immediata - sarebbe procedere conaccordi bilaterali con i singoli Paesi stranieri.
" Bisogna fare in fretta- ribadisce il presidente Griffini- in Marocco abbiamo un problema conclamato di abbandono dei minori e le coppie musulmane qui in italia possono essere d'aiuto".